Quanti limiti ha una classifica dei Paesi del mondo messi in fila in base a quanta libertà di stampa vi si può godere? Probabilmente si potrebbe dubitare dell’imparzialità di un’organizzazione come Reporter Sans Frontieres dando uno sguardo a chi la finanzia: soggetti come National Endowment for Democracy (NED), a sua volta finanziata dal Congresso degli Stati Uniti, o le Open Society Foundations (OSF) di Georges Soros parlano da sole. E fanno da sfondo alla mappa planetaria pubblicata sul sito di RSF in cui i Paesi da cui provengono i finanziatori risultano invariabilmente messi meglio di quelli che sono considerati i loro avversari. Come onestamente riferisce l’Indipendente: «Basta osservare come sono distribuiti i colori sulla cartina per farsi venire qualche dubbio: ancora una volta, tutto ciò che non si trova allineato con le posizioni occidentali (quindi tutta la parte orientale della cartina, più Venezuela, Nicaragua, Honduras e, naturalmente, Cuba) è colorato di rosso – salvo qualche piccola eccezione. E il fatto che gran parte delle sovvenzioni all’organizzazione provengano dagli Stati Uniti, da grandi società con interessi e da enti statali potrebbe fornire una spiegazione più che sufficiente».
Detto questo, qualche differenza la si trova anche tra i presunti “buoni”. In particolare spicca il dato particolarmente negativo del nostro Paese dove formalmente la Costituzione, all’articolo 21, stabilisce che: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure». Come constata l’Indipendente, «quest’anno, in un generico contesto di peggioramento globale, l’Italia scivola al 49° posto, tra le peggiori in Europa». Si parla del World Press Freedom Index per il 2025. Le conseguenze non sono di poco conto. L’informazione, come Ravenna in Comune lo abbiamo detto più volte, è indispensabile alla democrazia: «La democrazia è tale quando consente al popolo di esercitare liberamente il diritto di determinare la politica della comunità. Perché il diritto non sia fittizio deve essere disponibile al popolo una pluralità di scelte. E perché la democrazia non sia a sua volta finta il popolo deve aver accesso alle conoscenze che consentono di esercitare scelte non preventivamente condizionate». Da noi l’informazione va in altalena tra il vuoto pneumatico che riguarda certi avvenimenti ed il racconto completamente aderente alla linea politica del potere che ne riferisce altri. In mezzo, poco o niente, a meno di non andare a cercare di persona tra le poche fonti ancora indipendenti. E questo era un gran brutto palcoscenico per celebrare degnamente ieri, 3 maggio, la giornata della libertà di stampa.
Naturalmente Ravenna non sta su un altro pianeta. Come notavamo in occasione di precedente edizione del World Press Freedom Index: «Ravenna non è un’isola felice, così possiamo ritrovarci senza fatica nei giudizi espressi da RSF anche per gli organi di informazione locali. E, ovviamente, anche da noi abbiamo esempi di ottimo giornalismo, di onesto giornalismo, di quell’aurea mediocritas di oraziana memoria. E, naturalmente, conosciamo anche delle “perle” di uomini per i quali parlare “solo” di autocensura costituirebbe un complimento».
Ravenna in Comune paga un prezzo molto alto per continuare a proporre un modo di vedere le cose che non si appiattisce sul liberismo economico patrocinato dal PD e condiviso dal centrodestra. A dispetto di chi ci vorrebbe in silenzio, diamo voce ad un progetto che si incarica di rimettere i servizi pubblici, i beni comuni, le classi sociali oppresse dal padronato al centro degli obiettivi di rinnovamento della società ravennate. Spesso, molto spesso, il nostro progetto e il nostro pensiero non superano il muro del silenzio mediatico. Lo spazio per farci sentire lo troviamo sui nostri social media (che i riscontri ci consentono di poter affermare che sono sempre più seguiti) ma anche attraverso quella parte della stampa che, pure a Ravenna, resiste all’appiattimento generalizzato e alla disinformazione come missione. Ben sapendo quali siano gli ostacoli che si frappongono ad un giornalismo libero e di qualità, come Ravenna in Comune ringraziamo chi, sia come organo di informazione che come giornalista, insiste nell’onorare l’articolo 21 della Carta Costituzionale. La nostra partecipazione alle elezioni del 25 e 26 maggio prossimi intende dare rappresentanza anche ai diritti di espressione del pensiero e di completezza di informazione che la nostra collettività rivendica.
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In Italia il giornalismo non se la passa bene