L’INCENDIO DI ANCONA POTEVA SUCCEDERE A RAVENNA?

«Una raffica di fragorose esplosioni e una nube più nera della notte più buia hanno tenuto col fiato sospeso tutta Ancona, colpita da un incendio di proporzioni vastissime, al punto da divorare l’intera area ex Tubimar del porto dorico, con una aggressività impressionante. […] Alta tensione quando, in un primo momento, le fiamme erano fuori controllo e si temeva potessero arrivare in 3 punti a rischio altissimo: un distributore di Metano, la centrale termoelettrica presente proprio davanti al primo maxi magazzino, ma soprattutto il deposito di bombole di ossigeno liquido della ditta Sol Spa, pattugliata da forze dell’ordine e vigili del fuoco come cavalieri a difesa dell’ultima roccaforte». Così AnconaToday.

L’incendio si è sviluppato in un’area del demanio dell’Autorità Portuale di Ancona. Il disastro poteva essere anche peggiore se le fiamme fossero arrivate all’unico impianto classificato come a rischio di incidente rilevante del porto di Ancona. Perciò il giornalista parla di “difesa dell’ultima roccaforte”.

Ancona è a meno di 200 chilometri da Ravenna (neanche 140 in linea d’aria). Molto più vicina Faenza, dove poco più di un anno fa un incendio ha devastato un’area industriale con rilascio di sostanze inquinanti in un raggio molto vasto. Il Procuratore Capo lo definì «un evento senza precedenti in Regione». Per quanto terribile, anche questo avrebbe potuto avere conseguenze ancor più devastanti se ad essere interessato fosse stato lo stabilimento di Tampieri che con la Lotras non confina ma è fin troppo vicino considerata la sua classificazione di impianto a rischio di incidente rilevante.

Il porto di Ancona, come detto, ha solo un impianto soggetto alla “legge Seveso” per la sua pericolosità. Faenza, dal canto suo, ne ha quattro. Di Ravenna abbiamo già detto: a livello comunale sono 25! Quasi tutti concentrati tra porto e petrolchimico, niente su demanio marittimo ma solo perché a Ravenna, differentemente da Ancona, è limitato alle sole banchine.

Perché torniamo a parlarne? Non certo per fare terrorismo: se gli impianti sono censiti, se predispongono i piani di sicurezza come da normativa, se vengono fatti controlli regolarmente, se non accadono eventi straordinari, non è il caso di profetizzare disastri. Detto questo, invitiamo l’Amministrazione ad una maggior trasparenza nella comunicazione, specie quando, in occasione di eventi che sono comprensibilmente frutto di preoccupazione per la cittadinanza, sembra più incline a cimentarsi nel gioco del “pesce in barile”. Vale a dire che ci saremmo aspettati che le rassicurazioni sulla Yara Italia, impianto a rischio “Seveso” dove il nitrato di ammonio è di casa come a Beirut, cioè sul porto (checché ne dica Rossi) fossero espresse dall’istituzione comunale e non dalla sola azienda, quasi che fosse un’informativa di natura commerciale.

E poi, sempre all’Amministrazione, chiediamo di assumere un ruolo attivo quando vengono assunte importanti decisioni che coinvolgono aree a rischio come quella del petrolchimico. Anche qui, solo dall’Alma Petroli, altro impianto a rischio “Seveso”, si è venuti a conoscenza di importante investimento con acquisto di area di stoccaggio del petrolchimico (una cosiddetta “isola”). Per stoccarci cosa e che tipo di eventuale incremento di rischio (o meno) ciò comporti non è stato comunicato. A giorni dall’annuncio stiamo ancora aspettando notizie dal Sindaco.

Infine, sollecitiamo l’Amministrazione a riprendere i contatti con il cane a sei zampe non solo per chiedere che continui a trapanare il mare. Anzi, di questo faremmo volentieri a meno. Sarebbe invece indispensabile che gli investimenti più volte rinviati da ENI sul petrolchimico venissero ad essere confermati e orientati verso produzioni più sicure e “green”. Altro che la più grande discarica di CO2 al mondo!

Che tutto quanto sopra è quello che avremmo fatto come Ravenna in Comune se avessimo vinto le elezioni, ça va sans dire… Resta il fatto che, senza far profeti di sventure, disgraziatamente i fatti di Ancona e Faenza sono là a dimostrare che, a volte, anche gli eventi straordinari si realizzano. Disgraziatamente, certo, ma un’avveduta azione di politica amministrativa deve pur tenerne conto.

[Nella foto: l’incendio nel porto di Ancona]

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