ALLUVIONE: UN ANNO PASSATO A PREPARARE LA PROSSIMA

Un anno fa veniva giù il mondo. Per qualcuno, in realtà, il mondo era già venuto giù all’inizio del mese. Ma la dimensione e l’intensità di quanto iniziò manifestarsi dal 16 maggio 2023 resterà a lungo impressa nella memoria di chi si è trovato l’acqua in casa, di chi ha dovuto allontanarsene e di chi l’ha persa per sempre. E lo stesso vale per le cose andate sotto, dalle auto agli elettrodomestici ai ricordi di una vita, per gli immobili collegati al lavoro, per i centri sociali, eccetera eccetera. E per le vite, naturalmente: sono morte 17 persone e un numero altissimo di animali, domestici e selvatici. Devastato anche l’ambiente, le strade, i terreni, i ponti…

Che la causa scatenante sia stata una causa climatica non vi è dubbio. Una concomitanza di eventi che ha fatto saltare la tenuta a monte e quella a valle di piccoli e grandi corsi d’acqua. Un’eccezionalità sempre più frequente dovuta all’innalzamento climatico provocato dai gas serra. È un fatto naturale? No. La scelta di continuare a bruciare e disperdere in atmosfera i combustibili fossili come se non ci fosse un domani è frutto di precise scelte umane. Assieme agli allevamenti intensivi sono la principale fonte dei gas climalteranti. Ed è una scelta compiuta dai governanti di pressoché tutto l’occidente e non solo. In Italia la corresponsabilità di centrodestra e centrosinistra è palese.

Vi sono stati però anche precisi motivi che hanno fatto sì che una situazione critica si trasformasse in un disastro. No. Non le nutrie su cui de Pascale ha ridicolmente provato a stornare l’attenzione. Il Sindaco ha poi dichiarato che: “mentre il tema dei cambiamenti climatici è un tema centrale rispetto all’alluvione, il tema del consumo di suolo c’entra poco”. No, c’entra molto. Oggi si nega quel che anni fa ammettevano amministratori e tecnici. Se i terreni da cui canali e fiumi raccolgono le acque sono sempre più impermeabilizzati è più problematico gestirne le piene perché l’afflusso è più intenso e copioso. Al tempo della precedente alluvione memorabile, quella dell’8 e 9 ottobre 1996, l’allora Sindaco Pierpaolo D’Attorre ben conosceva il valore dell’autocritica: «L’acqua in casa è anche il frutto di un uso selvaggio del territorio. I danni sono stati più gravi in Italia ed in Emilia-Romagna, laddove i comuni non hanno investito in impianti fognari seri o hanno ignorato politiche attive contro la subsidenza. Da qui, da quanto abbiamo fatto ed imparato in questi giorni, dobbiamo partire per recuperare case e campi alla normalità, che facciano sì che le piogge, anche straordinarie, come quelle di questo ottobre, non si trasformino più in cataclismi». Per inciso la subsidenza è principalmente causata dalle estrazioni di quel gas metano che a sua volta è causa principale dell’innalzamento delle temperature. E il PD ravennate è tra i più importanti sostenitori del capitalismo estrattivista.

L’altro fattore fondamentale è quello della tutela del territorio, dalle manutenzioni agli adeguamenti alla salvaguardia dell’ambiente collinare. Nel 2001 il Comune di Ravenna su tutto ciò provava a tranquillizzare chi ancora aveva ben a mente gli eventi alluvionali di cinque anni prima: «Molti sono già gli interventi eseguiti ed altri sono attualmente in corso, da parte degli enti preposti, per prevenire i danni alluvionali. L’Amministrazione comunale in questi anni si è particolarmente adoperata per tutelare il nostro territorio a fenomeni alluvionali. La Regione ha stanziato oltre 90 miliardi per la realizzazione di opere e, tra queste, la protezione dei maggiori canali di scolo (il Lama, il Fosso Ghiaia, il Dismano, la Canala), del fiume Bevano, delle zone di Castiglione e Mezzano, dei fiumi Montone e Reno».

Il centrosinistra che ha amministrato dai quei giorni ad oggi senza interruzioni Ravenna non può schivare la responsabilità sia di quanto fatto che di quanto non fatto sino al 16 maggio 2023. Le rassicurazioni che elargiva a piene mani la Provincia nel 2005 sono risultate parole vuole. Eppure garantiva di aver dato «avvio, partendo da situazioni di emergenza, ad una serie di programmi strutturali di messa in sicurezza del sistema, in parte già realizzati ma che dovranno trovare progressiva attuazione secondo una nuova logica di prevenzione attiva, finalizzata alla “minimizzazione” del rischio idraulico».

Niente da fare per questo centrosinistra ravennate anche dopo il 16 maggio 2023. E viene rabbia ascoltare l’Assessore Baroncini che, nel Consiglio Comunale di martedì scorso, risponde in un question time sull’alluvione: «Non c’è stato un giorno dal maggio scorso in cui non abbiamo lavorato sul tema“. Infatti: non c’è stato giorno in cui si siano fermate le nuove cementificazioni, approvate da questa Giunta sia in zone già alluvionate che in quelle a rischio. Con buona pace di quel “consumo di suolo zero”, che esce spesso e volentieri dalle bocche dei componenti della maggioranza.

Come Ravenna in Comune abbiamo inutilmente reiterato per tutto l’anno trascorso la pressante richiesta di bloccare tutte le nuove autorizzazioni implicanti un incremento del consumo di suolo. Inutilmente perché nessun disastro li smuoverà mai dal loro modello liberista di spremitura del territorio come fosse un limone. Come non furono sufficienti gli eventi del 1996 per cambiare il paradigma, non lo sono stati nemmeno quelli dello scorso anno. L’unica cosa che può smuoverli è perdere l’Amministrazione di questo Comune. Facciamo in modo che avvenga presto. Ne va della nostra sopravvivenza. 

Ravenna in Comune invita a partecipare alla marcia regionale per l’anniversario dell’alluvione che domani, 17 maggio, raggiungerà il Palazzo della Regione con partenza da Piazza dell’Unità, a Bologna, alle 17.30.

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Fonte: Corriere di Bologna del 13 maggio 2024

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p data-amp=”amp-abstract”>Fonte: RavennaToday del 15 maggio 2024

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