Riportiamo di seguito il comunicato stampa dell’indizione di Presidio da parte di Italia Nostra nella giornata di mercoledì 2 luglio dalle ore 9.00 alle ore 10.00 avanti il Palazzo di Giustizia di Ravenna in occasione dell’udienza conclusiva del processo per l’affondamento della Berkan B nel quale la stessa Italia Nostra (e altre associazioni) si è costituita parte civile. Ravenna in Comune ha aderito al presidio e invita la cittadinanza a parteciparvi:
Procedimento penale per la scandalosa vicenda Berkan B giunto all’epilogo. Mercoledì mattina, infatti, alle ore 10.30 presso il Tribunale di Ravenna, sarà con tutta probabilità letta la sentenza relativa all’imputato individuato dal Pubblico Ministero a seguito della denuncia presentata da Italia Nostra sezione di Ravenna l’11 febbraio 2019, ovvero il presidente uscente dell’Autorità di Sistema Portuale di Ravenna Rossi.
Una vicenda che si trascina, ad oggi, da oltre 7 anni, da quando il cargo veniva sottoposto ad una scellerata demolizione presso una banchina di proprietà pubblica le cui acque erano condivise con un sito protetto dalle Direttive ambientali comunitarie, zona di Parco del Delta del Po, la Pialassa dei Piomboni. La concessione della banchina fu rinnovata retroattivamente per ben tre volte, nonostante svariati sequestri in corso operati dalla Medicina del lavoro e lo scafo vistosamente lesionato per l’errata demolizione. Nel frattempo, le azioni di controllo ed ispezione previste per legge, anche attraverso l’Area Sicurezza, Ambiente, Igiene e Qualità esistente in seno all’Autorità Portuale, restavano latitanti per mesi, nonostante il rimando alla tutela dell’ambiente specificato anche nella concessione stessa. Nessuna verifica sullo stato dei carburanti presenti a bordo, il famigerato e cancerogeno fuel oil, che infatti non era stato bonificato dai demolitori all’arrembaggio. Per una nave di oltre 100 metri di lunghezza, è facilmente immaginabile di quali quantitativi si parli. Nonostante questo, la nave venne lasciata in balia degli eventi meteomarini ad imbarcare acqua per oltre un anno, nessuna bonifica veniva effettuata fino al giorno seguente la denuncia di Italia Nostra, e in marzo affondava, riversando in acqua per mesi tutto il suo carico di morte. Numerose foto e filmati, molti della Capitaneria di Porto, e alcuni anche da drone, mostrano vistosissime iridescenze, materiali inquinanti, pesci ed avifauna selvatica morti o imbrattati di fuel oil (o olio combustibile denso, una sorta di fluido nero viscoso) anche fuori dalle panne di contenimento, ma più di una volta nel corso del processo abbiamo sentito parlare di “suggestioni”, di “cromatismi”, e persino di foto che potevano anche essere inattendibili (ovvero manipolate ad arte).
Così come si è raccontato che la bonifica, a nave ancora galleggiante, non si poté effettuare a causa dell’ignota posizione delle casse di carburante: in una perizia agli atti, un ingegnere navale incaricato dal Pubblico Ministero indica invece le casse proprio sui disegni tecnici originali dell’epoca, e più di una testimonianza agli atti descrive che le aspirazioni, iniziate dopo la denuncia, venivano effettuate dagli sfoghi carburante posti sul ponte di coperta della nave e in comunicazione con le casse stesse. Aspirazioni, tra l’altro, effettuate come normale routine, spesso cessate al terminare della capienza dell’autobotte di spurgo in servizio, e non secondo un piano d’emergenza intensivo volto a limitare il danno più in fretta ed efficacemente possibile. Insomma, tra incredibili ricostruzioni, la Berkan B, lontana dagli occhi e abbandonata al suo destino, avrebbe presumibilmente fatto la fine delle altre 5 navi affondate dell’ormai tristemente noto cimitero, di cui tre arenate da quasi 20 anni, e le altre da almeno 40. Possiamo dunque dire che l’intensa attività di informazione e denuncia, di cui la costituzione di parte civile è stata solo un minimo e doveroso aspetto, e a cui si è affiancato il decisivo interessamento del Ministero dell’Ambiente attraverso il Reparto Ambientale Marino delle Capitanerie di Porto (RAM) ed il Comandante di allora Ammiraglio Caligiore, abbia sortito l’effetto di obbligare alla rimozione della pericolosissima carcassa colata a picco, che ha continuato a rilasciare carburanti anche durante il sollevamento, a fine 2021. Dopo 1507 giorni da quando si spezzò, la Berkan B, con oltre 10 milioni di euro pubblici spesi per la rimozione dopo l’affondamento, ha lasciato il Porto di Ravenna. Ora forse si appresta a lasciare anche le Aule dei Tribunali, speriamo a monito permanente contro chi non si cura dell’ambiente, delle coste e delle nostre preziosissime zone umide. Appuntamento per il presidio nei pressi del Tribunale di Ravenna, in viale Randi davanti al civico 82, mercoledì 2 luglio, dalle ore 9.00 alle 10.00. Partecipano al presidio: Italia Nostra, il Collettivo La Comune, Potere al Popolo – Ravenna e Ravenna in Comune.
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Scandalo Berkan B alle battute finali. Mercoledì 2 luglio la sentenza