BONACCINI E DE PASCALE PEGGIO DI ATTILA

Il PD emiliano-romagnolo e i suoi rappresentanti nelle istituzioni rappresentano i più feroci distruttori di suolo di tutti i tempi. Di Attila si diceva che dove passava non cresceva più l’erba ma cosa si dovrà dire allora dei Bonaccini e dei de Pascale? In attesa che ISPRA tiri fuori dal cassetto il nuovo rapporto sulle cementificazioni, i dati fermi al 2021 vedevano l’Emilia Romagna con quasi il 9 per cento di tutto il territorio regionale cementificato, essendosi superati i 200mila ettari “allegramente” impermeabilizzati. A questo dato il Comune di Ravenna ha contribuito da solo “bruciando” oltre 7mila ettari (7.113) “coltivati” a cemento, primo a livello regionale e tra i primi in Italia (al quinto posto). E sempre Ravenna è risultata in testa a livello nazionale anche per cementificazione nel solo 2021 assieme a Roma (68 ettari in più). Nonostante si tenga “di riserva” circa il 30% degli immobili accatastati privi di qualunque utilizzo.

Ma come, si chiederà qualcuno, Bonaccini non si è pubblicamente vantato di aver fatto approvare nell’ormai lontano 2017 un’apposita legge regionale per contrastare il consumo di suolo? E de Pascale non aveva garantito in campagna elettorale che «Con il nuovo PUG sarà impostata una pianificazione di lungo periodo nel rispetto di una logica di consumo di suolo zero»? La legge regionale 24 del 2017 obbligherebbe i Comuni a dotarsi di un unico piano urbanistico generale (PUG), «orientato a promuovere e regolare i processi di rigenerazione urbana e a limitare il consumo di suolo». Qualcuno ha per caso visto dove si sia impantanato quello annunciato da de Pascale al momento di andare alle urne? E la famosa legge regionale contro il consumo di suolo, quella che comunque come Ravenna in Comune criticammo per la totale inefficacia rispetto allo scopo dichiarato, quando entrerà in vigore? Non solo è piena di deliberate scappatoie ma continua ad essere prorogata la sua entrata in funzione. Denuncia la Rete per l’Emergenza Climatica e Ambientale – Emilia Romagna (RECA-ER) che «per tutti gli 80 comuni di due province (Ravenna e Forlì-Cesena) e mezza (Rimini) e la parte est della Città Metropolitana di Bologna, dell’Allegato 1 del Decreto Alluvione, l’entrata in vigore della legge, viene nuovamente rimandata dal gennaio al maggio del 2024. Altri 4 mesi per avviare iter di realizzazione di interventi urbanistici previsti da vecchie pianificazioni». Riportiamo sul nostro sito il testo integrale del comunicato.

E poi è arrivato un altro “colpo da maestro” in aiuto alla potentissima lobby del cemento. Dopo la delibera della giunta regionale dell’agosto scorso con cui Arpae è stata estromessa dal processo per la “Valutazione della Sostenibilità Ambientale dei Piani Urbanistici”, ora si arriva addirittura alla chiusura delle sedi per smantellarne la presenza sul territorio. A quanto riporta la stampa, a breve nell’intera provincia di Ravenna rimarrà un presidio nella sola città capoluogo. Dopo la chiusura di Faenza, infatti, si attende che lo stesso avvenga per Lugo («Per la sede di Lugo la situazione è ancora in via di definizione» ammette Arpae). La sede di Faenza copriva 6 comuni della provincia e quella di Lugo i 9 della Bassa Romagna. Ma non si sarebbero dovuti incrementare i presidi del territorio proprio per monitorare in maniera più efficace le contromisure da prendere per il cambiamento climatico?

Ravenna in Comune torna a chiedere «al Comune di Ravenna di sospendere, meglio ancora bloccare, il rilascio di nuove autorizzazioni che implichino un incremento del consumo di suolo. Invita a prendere in considerazione con immediatezza l’esigenza di non dare per scontato che a ogni demolizione di superfici già edificate debba corrispondere altra cementificazione. Sollecitiamo di valutare caso per caso l’opzione della non ricostruzione e della ridislocazione degli abitati travolti dalle alluvioni di maggio. Proponiamo di contemplare l’annullamento in autotutela di autorizzazioni già rilasciate in relazione a costruzioni da realizzarsi in aree dove è grave il rischio di sommersione negli eventi alluvionali. È urgente l’introduzione di misure che disincentivino l’inutilizzo del costruito e ne agevolino l’immissione nel mercato degli affitti calmierati. Chiediamo a chi è stato/a eletto/a su una piattaforma che prevedeva la rinuncia a nuove costruzioni di opporsi in maniera esplicita ad ogni ulteriore lottizzazione e ad uscire dalla maggioranza che le propone qualora ne sia parte». La nostra insistenza è pari alla mancanza di attenzione che le nostre richieste continuano a ricevere dalla maggioranza che appoggia de Pascale.

La storia andrebbe riscritta e si dovrebbe rivalutare la figura dell’unno Attila che, dopotutto, stando a quanto si è tramandato, si limitava a spargere un po’ di sale sull’erba. Un autentico dilettante rispetto agli ettari di cemento che rivestono campi coltivabili e terre vergini “grazie” al PD di Bonaccini e de Pascale. La responsabile “ambiente” del PD, Annalisa Corrado, a parole paladina del consumo di suolo zero, ha qualcosa da dire o preferisce continuare a guardare altrove?

[Nell’immagine: Consumo di suolo – dati aggiornati al 2021 – Emilia Romagna e Ravenna]

#RavennainComune #Ravenna #cementificazione #consumodisuolo

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COMUNICATO STAMPA:
NUOVAMENTE RINVIATA L’ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE URBANISTICA
La regione colpisce ancora! Nuovamente rinviata per parte della Regione l’entrata in vigore della legge urbanistica.
Il lupo perde il pelo… Verrebbe proprio da dire così, infatti, mentre in consiglio regionale, l’assessore Calvano rassicurava l’assemblea dichiarando che il periodo di applicazione transitoria della L.R 24/2017 sarebbe cessato alla fine del corrente anno, la mano tecnica della Regione emanava un “Chiarimento circa gli effetti del DL 61/2023 (decreto Alluvione) sulle tempistiche indicate dalla LR 24/2017 relative a PUA e AO del periodo transitorio”.
In sostanza l’intervento “tecnico” rinnova la proroga della piena entrata in vigore della legge, con tanto di stop alla realizzazione di interventi dei vecchi piani, assimilandola, come motivazioni, a quelle che giustificarono un provvedimento similare durante la pandemia: cause di forza maggiore. Ma, prendendo a riferimento il “decreto alluvione”, allarga l’applicazione dello stesso agli interi territori comunali degli 80 Comuni elencati dal decreto, non solo alle frazioni e località colpite, cui fa riferimento il dispositivo governativo.
E, in aggiunta, come purtroppo era prevedibile, allarga preventivamente l’applicazione della nota di chiarimenti regionale anche a tutti quei comuni che dovessero essere inseriti successivamente negli elenchi ministeriali.
Così, per tutti gli 80 comuni di due province (Ravenna e Forlì-Cesena) e mezza (Rimini) e la parte est della Città Metropolitana di Bologna, dell’Allegato 1 del Decreto Alluvione, l’entrata in vigore della legge, viene nuovamente rimandata dal gennaio al maggio del 2024. Altri 4 mesi per avviare iter di realizzazione di interventi urbanistici previsti da vecchie pianificazioni.
E lo stop al consumo di suolo di cui si sono tutti riempiti la bocca dopo le alluvioni di maggio? Conta forse più il business che la sicurezza delle popolazioni? Parrebbe proprio di sì.
E’ ora di finirla con questo transitorio infinito di una legge urbanistica che, secondo le dichiarazioni di Bonaccini e della sua giunta non aveva un transitorio e i cui termini temporali dovevano essere tutti perentori, mentre sono passati sei anni – e così ne passerà un altro – prima che per i comuni scatti veramente l’obbligo di dotarsi di nuovi piani urbanistici che assumano come riferimento la transizione energetica delle città e la conversione ecologica dei territori, azzerando le previsioni urbanistiche dei piani degli ultimi 50 anni.
Qualsiasi scusa e occasione, persino le più tragiche, diventano ottime per giustificare la prosecuzione dello stupro dei territori e la cementificazione tra le più aggressive d’Italia.
Sconcerta dover constatare che, nonostante i fiumi di parole e di lacrime di coccodrillo versati dopo la tragedia della scorsa primavera, in realtà dall’alluvione la Regione non ha tratto le necessarie conseguenze, accelerando – come ci si sarebbe aspettato – l’applicazione di norme pianificatorie più stringenti sull’uso del suolo, ma invece persegua la massimizzazione dei profitti per pochi, anche in quelle aree così duramente colpite.
Purtroppo, l’emergenza climatica chiama, ma pare che non ci sia nessuno all’ascolto. Sicuramente non in viale Aldo Moro.
RETE EMERGENZA CLIMATICA AMBIENTALE EMILIA ROMAGNA

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Prorogata l’entrata in vigore della legge contro il consumo di suolo, “a causa dell’alluvione”. Il folle paradosso dell’Emilia Romagna

Fonte: Pressenza del 29 settembre 2023

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Arpae centralizza a Ravenna. Chiudono gli uffici di Faenza

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p style=”text-align: justify;”>Fonte: Corriere Romagna del 27 settembre 2023

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