UN INFORTUNIO NEL CORSO DI UNO STAGE DI FORMAZIONE LAVORO E’ UNA CONTRADDIZIONE IN TERMINI

Ravenna in Comune ha ricevuto un articolo di Vito Totire, medico del lavoro e psichiatra, della  Rete europea per l’ecologia sociale. L’attenzione è rivolta alla condizione dei ragazzi in formazione-lavoro. Lo pubblichiamo integralmente e lo ringraziamo, con l’occasione, anche per gli importanti contributi forniti nel 2020, quando aveva affrontato per noi il dibattuto e irrisolto tema dell’amianto nel contesto lavorativo. Invitiamo a rileggerli per la loro perdurante attualità: 

PROCESSO DI APPELLO AMIANTO ENICHEM RAVENNA del 31 gennaio 2020

SCUDO PENALE PER L’AMIANTO? del 28 maggio 2020

SI CONTINUA A MORIRE DI AMIANTO MA NESSUNO NE HA COLPA del 4 novembre 2020

[nell’immagine: le proteste dopo la morte di Lorenzo all’ultimo giorno di tirocinio]

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UN INFORTUNIO NEL CORSO DI UNO STAGE DI FORMAZIONE LAVORO E’ UNA CONTRADDIZIONE IN TERMINI: che la protesta giovanile produca un vero cambiamento

Nelle ultime settimane in Italia si sono verificati diversi infortuni gravi ai danni di ragazzi in formazione-lavoro; i primi due (Udine e Roma) sono stati mortali; ora si apprende di un evento, meno grave, a Brindisi, in un cantiere navale; i due primi infortuni, quelli mortali, hanno determinato una energica reazione di protesta dei giovani che ne hanno denunciato la assurdità; una reazione che ha ricordato le vivaci proteste avvenute in tutta Italia per l’omicidio sul lavoro di Luana D’Orazio a Prato nel 2021; un omicidio citato da Draghi in Parlamento ma senza la successiva capacità del Governo di porre rimedio e misure di prevenzione alle stragi sul lavoro che hanno continuato, dopo Luana (morta a 22 anni), ad accadere; le istituzioni hanno reagito alle manifestazioni di indignazione degli studenti per i due coetanei morti, addirittura in termini di repressione poliziesca senza rendersi conto del fatto (o proprio per questo?) che le proteste sono la punta di un iceberg che si va scoperchiando e che si inserisce in quel movimento che i sociologi hanno definito “quitting” vale a dire la spinta, ormai molto forte manifestatasi a livello mondiale, a rifiutare condizioni di lavoro di sfruttamento e di alienazione psicologica; certo i padroni e il “mercato” corrono ai ripari facendo del disagio terreno di ulteriore profitto; a Bologna è emersa una offerta (privata, quindi a pagamento) di supporto a condizioni di burn out fenomeno, a sua volta, anch’esso diffusosi come sequela del cosiddetto long-covid o post-covid (non nel senso clinico individuale ma nel senso psicosociale del termine); la interpretazione di queste tendenze nella condotta della “forza lavoro” correla le reazioni psicologiche alla strage da covid e alla pulsione spontanea e diffusissima, a porsi – di fronte alla precarietà della vita – un interrogativo sempre più pressante: “perché devo accettare un lavoro di merda?”.

In effetti durante e dopo la epidemia l’atteggiamento dei lavoratori rispetto a certi connotati schiavistici del lavoro i numerosi comparti produttivi (servizi, riders, logistica, agricoltura ed altri settori ) ha visto abbassarsi i livelli di tolleranza e di rassegnata obbedienza; la morte vista da vicino nel corso della epidemia, le condizioni di isolamento, costrittività (lavorare 8 ore, senza pausa, con la mascherina), avversatività, mobbing, subite dai lavoratori stanno spostando le priorità dalla mera sussistenza materiale alla ricerca di un lavoro , certo, ma dignitoso; persino un rampollo della casa reale dei Windsor (andato comunque via di casa!) in qualità di consulente del lavoro ha lanciato un appello: rifiutare il lavoro alienante; se è vero che non sarà un “nobile” inglese , emulando Robin Hood, a guidare la riscossa dei lavoratori sfruttati, cionondimeno, la situazione pare davvero in movimento e positivamente; arrancando dietro gli eventi le istituzioni hanno scoperto la esigenza di garantire una “logistica etica” avendo scoperto dopo decenni di rimozioni che lo schiavismo è solidamente attecchito in Italia; un po’ in ritardo… visto che la integrità morale dei lavoratori, sulla carta, è garantita persino dal codice civile degli anni quaranta del secolo scorso; ma spesso i governanti sono affetti da perniciose amnesie…

Allora: anzitutto un augurio di pronta guarigione al giovane brindisino infortunato, auguri ai suoi compagni e ai suoi familiari; siamo consapevoli di un fatto: quando si è stati vittima della violazione del “contratto psicologico” (entrare in un luogo di lavoro per apprendere una professione ed uscirne infortunato!) niente torna esattamente come prima; dice Luce Irigaray: un corpo che ha già sofferto è un corpo che chiede rivincite; che la rivincita, collettiva, per miliardi di persone nel mondo,  sia un lavoro a dimensione umana e non un lavoro funzione del profitto, di pochi,  a tutti i costi.

Vito Totire, medico del lavoro/psichiatra, Rete europea per l’ecologia sociale

Bologna, 24.3.2022


Brindisi, studente tirocinante travolto da un muletto: incastrato sotto il mezzo, liberato dai vigili del fuoco

Il giovane, 21 anni di San Michele Salentino, è stato trasportato in ospedale in condizioni non gravi. Il fatto avvenuto in un cantiere navale. Alla guida del mezzo un altro studente. Il ministro Bianchi: «L’alternanza scuola lavoro non è un contratto di lavoro ma una attività di carattere volontario»

Fonte: Corriere del Mezzogiorno del 23 marzo 2022

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