
Sta diventando una tradizione periodica come il natale o la befana parlare di consumo di suolo. Una volta all’anno, l’uscita del rapporto dell’ISPRA, è infatti occasione per rispolverare il tema (Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici – Edizione 2025) da parte di stampa e centrodestra. Come Ravenna in Comune, invece, ne abbiamo sempre fatto una sollecitazione continua perché altrimenti tutto si risolve come una scrollatina di polvere dal tappeto e dopo avanti come prima. O anche peggio.
Fatto sta che si ripropongono le stesse questioni: cambiano solo i dati, aggiornati in peggio. Il maggiore consumo di suolo nell’ultimo anno si è registrato in Emilia-Romagna con 1.013 ettari impermeabilizzati. Tralasciando la questione degli impianti fotovoltaici a terra, Ravenna consolida il triste primato di Comune che ha la maggior crescita di cementificazione ogni anno e anche nel 2024 ha aggiunto altri 85 ettari al conto (174 a livello provinciale). Certo, verrà riproposto il solito discorso che il nostro è il secondo comune per dimensioni in Italia, tuttavia il più grande, cioè Roma, prosegue una pluriennale tendenza al rallentamento ed è battuto da Ravenna di molte lunghezze. L’ISPRA spiega anche dove si sono situati gli aumenti più consistenti: «Questo aumento è dovuto principalmente alla realizzazione di nuovi cantieri concentrati in diverse zone del comune: all’interno dell’area industriale situata a ridosso del porto per un’estensione totale di circa 14 ettari, nell’area periferica della città per la costruzione di edifici commerciali e residenziali su un’area di circa 13 ettari, nella zona sud-ovest e nelle zone periferiche ad ovest e sud-est della città per cantieri edilizi e stradali, con un’estensione totale di circa 20 ettari». La superficie complessivamente coperta artificialmente è ora arrivata a 7.534 ettari.
Così come solo una volta all’anno fa notizia il consumo di suolo, con la stessa cadenza temporale viene fatto notare che in Emilia-Romagna c’è una legge che, secondo il PD che l’ha voluta, avrebbe dovuto portare ad azzerarlo. La legge regionale 24 c’è dal 2017. E la criticammo da prima della sua approvazione. Come fa notare la stampa «Secondo i dati ISPRA, tra il 2012 e il 2015 in provincia di Ravenna furono consumati 195,38 ettari di suolo, circa 48 all’anno. Il dato rimase contenuto anche nel 2016 (26,82 ettari) e nel 2017. Tuttavia, dal 2018 il ritmo è cresciuto in modo deciso, con l’unica eccezione del 2022. Nel 2023 e nel 2024 si è registrata una nuova impennata, nonostante alcuni progetti siano stati bloccati dopo l’alluvione. Il 2024 ha segnato un record». E al conto manca ancora il 2025… Cambierà qualcosa con il Sindaco Barattoni quando Ravenna adotterà una nuova pianificazione urbanistica, dopo gli innumerevoli rinvii di cui le giunte di centrosinistra hanno approfittato per consentire urbanizzazioni a gogò? Nemmeno per sogno. Per chi ha fatto il conto (l’intramontabile Ancisi) «tra due o tre mesi, il mitico PUG di Ravenna sarà adottato, ne resteranno esenti 51 lottizzazioni, le cui convenzioni, essendo state sottoscritte entro il 3 maggio 2024, non sono state ancora realizzate. Potranno cementificare ulteriori 690 ettari di suolo, per costruirvi, su un milione circa di metri quadrati, nuove case ed edifici non residenziali, tra cui l’immancabile supermercato. Aggiungendo anche il 3% massimo di consumo del suolo concesso dalla stessa legge regionale, sarà di oltre 800 ettari il terreno vergine da violentare, esponendo così l’intero territorio comunale ai disastri sempre più devastanti e cruenti del maltempo, delle alluvioni e degli allagamenti nella fascia litoranea».
Non basta, perché de Pascale, principale autore del disastro di questo ultimo periodo, raddoppiando durante il suo mandato di Sindaco l’impermeabilizzazione comunale annuale media, non appena eletto in Regione ha promesso modifiche peggiorative della normativa regionale. Ha detto: «Dobbiamo lavorare su alcuni elementi di deroga concepiti per le imprese che vogliono allargarsi». In che senso? Dice che bisogna dare risposta «alle aziende che vogliono allargare i loro capannoni». Dunque vuole aumentare magazzini e spazi commerciali in una regione che è stata letteralmente invasa dalla speculazione edilizia, che ha visto gonfiarsi a dismisura la bolla della logistica, che non smette di incrementare le superfici destinate a supermercati, centri commerciali e affini. Fermo restando il dato inconfutabile delle 30mila abitazioni vuote a livello comunale: il 28,4% di tutte quelle accatastate.
Ravenna in Comune non si sveglia solo una volta all’anno e torna dunque a ribadire l’urgenza di «sospendere, meglio ancora bloccare, il rilascio di nuove autorizzazioni che implichino un incremento del consumo di suolo. Invita a prendere in considerazione con immediatezza l’esigenza di non dare per scontato che a ogni demolizione di superfici già edificate debba corrispondere altra cementificazione. Sollecitiamo di valutare caso per caso l’opzione della non ricostruzione e della ridislocazione degli abitati travolti dalle alluvioni di maggio. Proponiamo di contemplare l’annullamento in autotutela di autorizzazioni già rilasciate in relazione a costruzioni da realizzarsi in aree dove è grave il rischio di sommersione negli eventi alluvionali. È urgente l’introduzione di misure che disincentivino l’inutilizzo del costruito e ne agevolino l’immissione nel mercato degli affitti calmierati. Chiediamo a chi è stato/a eletto/a su una piattaforma che prevedeva la rinuncia a nuove costruzioni di opporsi in maniera esplicita ad ogni ulteriore lottizzazione e ad uscire dalla maggioranza che le propone qualora ne sia parte». È l’appello rimasto inascoltato che lanciammo già nel 2023. Non vorremmo doverlo ricordare alla prossima alluvione…
[nell’immagine: un’urbanizzazione prevista su area in via Faentina sommersa dall’alluvione nel 2023]
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Ravenna, il consumo di suolo si è impennato dopo il 2017
