SOLDI PER L’EOLICO O PER NON SMANTELLARE LE PIATTAFORME?

Arrivano (probabilmente) finanziamenti pubblici per il progetto di eolico solare ed idrogeno al largo di Ravenna. Il cosiddetto progetto Agnes rispetto al quale Ravenna in Comune, pur in attesa di poter esaminare il progetto vero e proprio, ha manifestato una posizione “ideologicamente favorevole”. Le risorse pubbliche per 20 milioni di euro per l’anno 2022, 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, non sono ancora state assegnate ufficialmente, in quanto dopo il Senato si attende che si pronunci anche la Camera. Poiché però il decreto sul Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza dovrebbe essere approvato senza modifiche per evitare un altro passaggio parlamentare, il finanziamento dovrebbe essere garantito. Subito c’è stata una corsa dei politici locali e non per attribuirsi il merito. Abbiamo registrato il chicchirichì di Collina ed Errani, di Schlein e Colla, di de Pascale e Morrone e di altri per un ventaglio di posizioni che va da Coraggiosa a Leu, dal PD alla Lega, a Italia Viva, Forza Italia, Fratelli d’Italia, 5stelle ecc. ecc. Proprio tutti, dunque. Quasi.

Noi non ci uniamo al coro e spieghiamo perché.

Il costo del progetto Agnes è rilevante: 1,7 miliardi di euro ha dichiarato Alberto Bernabini che lo rappresenta. E non risulta che il gruppo ENI, partner dell’operazione, sia intenzionato a finanziarlo con risorse proprie, a differenza del deposito di CO2. Questo rende indispensabile un finanziamento mediante investitori privati (tipo fondi) ancora da reperire. L’investimento pubblico sull’operazione rappresenterebbe dunque un importante segnale di inversione di tendenza: tagliare risorse al fossile che deve essere sostituito in fretta dalle rinnovabili su cui dirottare invece i finanziamenti. Vorrebbe dire aver compreso (finalmente) che non c’è tempo da perdere per salvare la (nostra) vita sul pianeta.

Balza all’occhio, però, la sproporzione tra il costo previsto (1,7 miliardi di euro) e il finanziamento assegnato (70 milioni spalmati su un triennio). Balza all’occhio anche il vincolo che, con legge dello Stato, si intende imporre. Il progetto include infatti il salvataggio delle piattaforme da smantellare in quanto in dismissione. Recita così l’emendamento: “per la costituzione di un polo energetico nell’Adriatico per riconvertire le piattaforme Oil and Gas e realizzare un distretto marino integrato nell’ambito delle energie rinnovabili al largo delle coste di Ravenna in cui eolico offshore e fotovoltaico galleggiante produrranno energia elettrica in maniera integrata e saranno, contemporaneamente, in grado di generare idrogeno verde tramite elettrolisi”.

Con un finanziamento del tutto insufficiente si intende così regalare ad ENI la possibilità di risparmiare i costi a cui è tenuta per il ripristino del mare ingombro dai vecchi impianti. Il tentativo è in atto da tempo. Negli ultimi anni c’è stato un vero e proprio profluvio di pseudo-idee per rendere “inevitabile” il mancato smantellamento. Poiché ne siamo consapevoli ci eravamo preoccupati di sincerarci che il progetto Agnes non fosse un altro modo per arrivare allo stesso scopo. La risposta ottenuta da una nostra interrogazione in Consiglio Comunale era stata solo parzialmente rassicurante. Il Capogruppo di Ravenna in Comune, Massimo Manzoli, aveva chiesto lo scorso settembre: “è confermato il completo smantellamento delle piattaforme vecchie in disuso o questo progetto è un modo per non realizzare il decommissioning delle piattaforme di fronte a Ravenna?”. Se infatti le pale era previsto venissero infisse direttamente sui fondali, non altrettanto chiara era la parte relativa a solare e idrogeno. L’assessore Cameliani nella risposta aveva chiarito che “i pannelli saranno ancorati direttamente al fondale con modalità di facile rimozione (e quindi non interessando le piattaforme). Le infrastrutture esistenti, ossia parte di piattaforme e canalizzazioni sarebbero invece interessate da un’ulteriore ipotesi progettuale relativa alla produzione di idrogeno. Fino alla presentazione del progetto non sarà però possibile sapere quante e quali delle piattaforme esistenti potrebbero essere coinvolte”.

Ora sappiamo come andrà a finire. Lo mette nero su bianco in un’intervista a Il Fatto Quotidiano «il senatore Paolo Arrigoni, responsabile energia della Lega che, insieme ai colleghi firmatari dell’emendamento e ai membri della commissione Bilancio Antonella Faggi, Roberta Ferrero, Elena Testor, Paolo Tosato e Enrica Rivolta, relatrice del provvedimento, si dice molto soddisfatto “dell’approvazione dell’emendamento di maggioranza, in cui è confluito anche il nostro della Lega” che stanzia “70 milioni nel triennio 2022-2024 come prime risorse per il progetto Agnes”. E, parlando del progetto, Arrigoni tocca un punto centrale, dicendo che il polo è strategico per diversi motivi ed anche “perché risponde agli obiettivi di riconversione delle vecchie piattaforme, evitando così i costi di dismissione” che, in teoria, dovrebbero essere pagati dalle compagnie petrolifere. Mica robetta. Tanto che per anni è capitato frequentemente che le società preferissero accontentarsi anche di una produzione minima che garantisse di tenere in vita il giacimento il più a lungo possibile e a costo zero, perché al di sotto delle franchigie poi sospese per il petrolio e ridotte per il gas. Escamotage che ha fatto risparmiare alle compagnie dell’oil&gas decine di milioni di euro, tutti mancati introiti per lo Stato. Tutto pur di evitare le costosissime dismissioni. Ora, si prospetta la soluzione della riconversione, che sulla carta fa comodo a tutti, alle compagnie pure».

Anche de Pascale lo ammette su Setteserequi:

«Mi sono molto battuto perché venisse accolto nel Pnrr il progetto Agnes su eolico fotovoltaico e idrogeno e ora è arrivata la bella notizia che l’emendamento è stato approvato. Come ho dichiarato all’Ansa lo stanziamento previsto dal Dl Fondone per trasformare le piattaforme estrattive che hanno finito il loro ciclo di vita e che quindi sono inutilizzate, in un parco eolico marino può far diventare Ravenna un hub per tutto il Mediterraneo per i parchi eolici offshore: attualmente ce ne sono pochissimi e chi parte per primo sarà sicuramente avvantaggiato».

Quello dello smantellamento è un costo ma anche lavoro “buono”. Il costo è previsto e quindi già a bilancio del “petroliere” a cui spetta. Va a compensare il lavoro di chi smantella. Ma in Italia il gruppo ENI fa i salti mortali per girare a utili imprevisti i soldi che dovrebbe pagare per riportare allo stato primitivo i tratti di mare dove ha installato le sue piattaforme. All’estero, invece, nei paesi dove il decommissioning è già iniziato, proprio la SAIPEM del gruppo ENI è in testa alla corsa per aggiudicarsi i lavori di smantellamento. I committenti nel Mare del Nord sono BP, Shell e ConocoPhillips. E anche nel Mare del Nord, potendo, i “petrolieri” eviterebbero i costi. Ma sono costretti a rispettare gli obblighi di concessione cui, invece, ENI vorrebbe sottrarsi abbandonando semplicemente le piattaforme dove si trovano. E nessuno, oltre a noi, che protesti.

Per questo non ci uniamo al coro dei chicchirichì. Soli. Anche per raccontare ed opporsi a cose come queste c’è ancora bisogno di Ravenna in Comune.

#RavennainComune #Ravenna #rinnovabili #eolico #solare #idrogeno #piattaforme #offshore #Agnes

___________________________________

Eolico, l’ad di Qint’x: «Bene i fondi Ora accelerare per i permessi»

Fonte: Corriere Romagna del 19 giugno 2021

Recovery, ok a 70 milioni per eolico e fotovoltaico offshore a Ravenna al posto delle piattaforme. “Prime risorse per il progetto Agnes”. Che ha come partner Saipem

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 17 giugno 2021

___________________________________________________

Ravenna, mega parco eolico Agnes, nel Pnrr inseriti 70 milioni di euro, soddisfatti De Pascale, Schlein e Colla

Fonte: Setteserequi del 17 giugno 2021

_______________________________________________________________________________

“70 milioni del Pnrr per il parco eolico al largo di Ravenna”: approvato l’emendamento

Fonte: RavennaToday del 17 giugno 2021

________________________________________________

La Gran Bretagna diventa “verde” ma dietro c’è la tecnologia dell’Italia

Fonte: Il Sole 24Ore del 22 novembre 2020

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.