NITRATO D’AMMONIO A CHILOMETRO ZERO

A Beirut è venuto giù il porto e mezza città. Più di 150 morti ma mancano ancora i dispersi. Più o meno come nel porto di Tientsin, in Cina, cinque anni fa. Meno vittime ad Atene, in Grecia, a West, in Texas, e a Tolosa, in Francia, rispettivamente nel 2014, nel 2013 e nel 2001. Sono i porti, infatti, i luoghi dove il nitrato di ammonio esplodendo ha fatto più danni: prima di Beirut e Tientsin era toccato a Texas City, nel 1947, con oltre 400 morti. Dunque è certo che il nitrato d’ammonio è pericoloso e che la sua presenza in un porto è di per sé un fattore di rischio, specie se nello stesso porto vi sono sostanze combustibili.

Ravenna ha un porto e i concimi sono una delle merceologie che movimenta. Quasi 800.000 tonnellate negli ultimi sei mesi. Si tratta anzi di una delle pochissime categorie che non hanno risentito del profondo rosso in cui sono sprofondati i traffici del porto quest’anno. Il nitrato d’ammonio è un concime. È presente a Ravenna? Su Il Sole24Ore di oggi (“Nitrato d’ammonio, in Italia le norme sono rigide”, pag. 16) Rossi, presidente dell’Autorità Portuale di Ravenna ma anche dell’Associazione che raggruppa i porti italiani, lo esclude: «Da quanto mi risulta non ci sono depositi di nitrato di ammonio nei porti italiani».  

Per quanto ci risulta, invece, a Ravenna, il nitrato d’ammonio è uno dei prodotti storici. Dagli anni “50 del secolo scorso, infatti, rappresenta la principale attività di uno stabilimento che allora faceva capo ad ANIC ed ora appartiene alla filiale italiana di una multinazionale norvegese, Yara. Può contare su una delle banchine storiche del porto di Ravenna, recentemente inserita tra quelle da ammodernare con apposito finanziamento appena deciso dal Ministero (come da informativa rilasciata dallo stesso Rossi). Si trova nel complesso del petrolchimico dove le sostanze combustibili non mancano.

Senza fare allarmismi inutili, riteniamo ce ne sia abbastanza per chiedere al Sindaco di Ravenna rassicurazioni ulteriori rispetto all’assenza di rischi per la popolazione non apparendo, a prima vista, fondata l’affermazione del Presidente dell’ente porto. Ricorda Il Sole24Ore che da noi c’è «la Seveso III (in applicazione alla direttiva Ue numero 2012/18, recepita in Italia con il dlgs 105 del 2015), che è un testo unico in materia di controllo del pericolo di incidenti industriali rilevanti per l’utilizzo di sostanze pericolose. L’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e il ministero dell’Ambiente hanno individuato in Italia 995 stabilimenti suscettibili di creare incidenti rilevanti (520 più a rischio e 475 di soglia inferiore), che sono soggetti ai controlli della Seveso».

Chiediamo pertanto al Sindaco di riferire con urgenza circa l’inserimento o meno di Yara (o altri che trattino tale prodotto entro il territorio di Ravenna) tra i siti soggetti ai controlli della “Seveso” e, in caso positivo, puntuale informativa circa le ispezioni che avrebbero dovuto essere svolte come disposto dalla stessa “Seveso” (art. 27).

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