7 LUGLIO 1960

Dopo 60 anni una data da ricordare ancora per quelli che sono rimasti nella storia come “i fatti di Reggio Emilia”, anticipati da tanti altri “fatti” in Italia: anche a Ravenna
 
È uno dei momenti storici che non si usa più ricordare, al di fuori di ristretti circoli e di poca stampa. Sessanta anni fa, il 7 luglio del 1960 le Forze dell’ordine della Repubblica Italiana, nata dalla Resistenza, a Reggio Emilia spararono sulla folla che manifestava per la democrazia e contro i fascisti che stavano rialzando la testa grazie alla complicità della Democrazia Cristiana e del suo governo, che avevano spalancato le porte all’ingresso nella maggioranza ai fascisti del Movimento Sociale. Uccisero Lauro Ferioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Afro Tondelli e Marino Serri. Fu l’apice di una stagione drammatica in cui la gioventù italiana, comunista e non solo, si era sollevata contro un plateale tentativo di svolta autoritaria, della quale la riammissione (formale, perché l’agibilità loro concessa era già in atto da un pezzo) dei neofascisti sulla scena pubblica era la parte più eclatante. Molti altri morti sulle piazze italiane nel corso di proteste, dal dopoguerra in poi, avevano già listato a lutto la storia del nostro Paese. E altri ancora ce ne furono, in quell’anno (pochi giorni dopo altri quattro morti in Sicilia) e negli anni successivi.
L’Italia antifascista non poteva più tollerare l’“epurazione al contrario” (la persecuzione dei partigiani e il ritorno in circolazione, e anche in alte cariche istituzionali, di fascisti vecchi e nuovi), che aveva caratterizzato i quindici anni successivi al 1945. Fu Sandro Pertini, il futuro e più amato dei Presidenti della Repubblica, con un memorabile intervento a Genova il 28 giugno 1960, a invitare il popolo a sollevarsi contro il congresso fascista e contro la torsione autoritaria che portava la firma di Ferdinando Tambroni, con l’avallo dell’allora Capo delle Stato Giovanni Gronchi.
In quel luglio anche a Ravenna vi furono manifestazioni e anche a Ravenna vi fu il tentativo fascista di volgere gli eventi a proprio favore. La notte del 4 luglio venne incendiata la casa di Arrigo Boldrini ad opera di una squadraccia.
Lo sciopero generale, proclamato dalla CGIL mosse un’ondata di collera che scosse anche la DC, e il 19 luglio Ferdinando Tambroni dovette rassegnare le dimissioni.
A sessanta anni di distanza, Ravenna in Comune ritiene giusto non dimenticare quella storia.
 
Ravenna in Comune

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