DISASTRO COLPOSO

Disastro colposo è il reato su cui indaga la Procura di Ravenna. Commesso da ignoti, almeno al momento, nei confronti di noti: la cittadinanza dei Comuni alluvionati in tutto il territorio su cui si estende la competenza dei magistrati. Ci sono anche sette morti, solo da noi, per i quali sono stati aperti altrettanti fascicoli per il momento conoscitivi. Quindi senza ipotesi di reato già formulata.

Aspettiamo con pazienza, perché ce ne vorrà molta, la conclusione del lavoro della magistratura. Ma, del resto, di saper pazientare lo abbiamo già dimostrato anche troppo in questi lunghi giorni. Sotto l’aspetto delle scelte politiche, indipendentemente dalla natura di reato o meno che queste rivestano, per individuare i colpevoli non c’è bisogno di aspettare, invece. Diamo la parola al Prof. Antonello Pasini, fisico e climatologo del CNR e docente di Fisica del clima all’Università di Roma 3 a cui è stato chiesto e che ha risposto:

«Il rischio di veder moltiplicati simili eventi dipende in primis dal fattore meteo climatico e poi dall’evidenza che qualunque territorio diviene più vulnerabile, nel momento stesso in cui è più antropizzato. Dati alla mano, l’Italia ha un 7% di superficie cementificata, mentre l’Emilia Romagna si assesta intorno al 9-10%. Da un lato è normale, perché si tratta di una regione produttiva, però questo cemento fa male al territorio, nel senso che quando scendono piogge violente è una superficie impermeabile che non fa filtrare l’acqua. A ciò si aggiunge, ovunque in Italia, il vizio di trattare questi problemi in modo ingegneristico e tecnocratico. Nel caso di una piena importante, si innalzano gli argini da tre a sei metri, senza pensare che in un regime di cambiamento climatico, dove le piene saranno sempre più intense, questa scelta equivale a raddoppiare il rischio. Se prima quell’acqua cadeva da un’altezza di tre metri, dopo cadrà da sei, con un volume almeno doppio. Quindi strutturare, regimentare e incanalare le acque è una strategia perdente. La fragilità dipende anche da altri fattori, come la costituzione del terreno, fermo restando che in montagna e in campagna esiste il problema inverso a quello della città. I centri urbani presentano una forte antropizzazione e cementificazione e quindi c’è penuria di spazi verdi utili per mitigare le ondate di calore estive, ma anche per favorire l’infiltrazione dell’acqua nel sottosuolo. In breve si registra troppa pressione. Al contrario le zone interne hanno uno stato di abbandono. I crinali venivano custoditi dagli agricoltori che creavano i canali di scolo e altre soluzioni, fungendo da sentinelle di controllo».

Ce n’è a sufficienza per riempire anche le caselline con i nomi e cognomi dei responsabili politici dell’aggravamento del disastro: basta verificare quali forze politiche abbiano amministrato nell’ultimo decennio i territori disastrati e quali politici abbiano assunto posizioni apicali nelle differenti Amministrazioni. Molto spesso si scoprirà che sono le stesse figure che si sono affannate nella gestione dell’attuale emergenza. Manca giusto la casella del riscaldamento climatico da riempire.

Ravenna in Comune punta il dito da quando è stata costituita contro le politiche di estrazione, dispersione e combustione dei gas fossili che sono causa fondamentale nella creazione della cappa di gas serra che provoca l’innalzamento delle temperature e, quindi, il cambiamento climatico. In questo caso la scelta dei politici da inserire nell’elenco dei responsabili è anche più facile da compiere ma l’elenco è bello lungo, perché le politiche a favore di ENI & co. sono approvate trasversalmente sia dalle forze politiche di centrodestra che da quelle di centrosinistra. Poche sono le voci che si sono levate a sostegno di uno stop alle fonti fossili per giungere in tempi rapidi alla loro sostituzione con le fonti rinnovabili. Ravenna in Comune è una di queste poche voci. Ci hanno offeso più volte sbraitando che non si deve nemmeno pensare a cambiare registro. Ora non ci aspettiamo scuse ma, almeno, quel cambio di passo più volte annunciato e mai praticato.

[nell’immagine: Fornace Zarattini ancora allagata]

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«Fiumi da fermare, no agli argini più alti Strategia perdente: aumentano i rischi»

Fonte: Corriere Romagna del 23 maggio 2023

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