LA TESTA SOTTO LA SABBIA

Come noto ormai anche ai sassi l’altro ieri è stata diffusa la nota con cui il Consiglio di Stato ha ribadito l’illegittimità delle proroghe accordate alle concessioni delle spiagge. Non è certo una novità. Si tratta di principi ormai consolidati in giurisprudenza per cui le proroghe generalizzate delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative stabilite dal legislatore sono risultate contrastanti con i principi di concorrenza e di libertà di stabilimento sanciti non solo dalla Direttiva Bolkestein, ma anche dall’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Piaccia o meno cambia poco: il risultato è che le norme che hanno stabilito le proroghe sono illegittime e come tali vanno disapplicate. Le Amministrazioni che continuano a comportarsi come se le proroghe fossero legittime commettono a loro volta una violazione e sono destinate a patirne le conseguenze. Vale per il Governo, per la Giunta regionale ma anche per quella comunale. E Ravenna non fa eccezione.

Così fa un po’ sorridere (e un po’ arrabbiare) apprendere che proprio la settimana scorsa l’Amministrazione Comunale avesse ritirato fuori scuse che erano già vecchie quando se le era inventate la prima volta. A febbraio 2022, cioè più di due anni fa, il Sindaco già metteva le mani avanti sul mettere a gara le concessioni accampando che «è impensabile farcela entro il 2023». Ed ora si è trovato a doversi giustificare con l’AGCOM (l’Autorità Garante per la Concorrenza) per la decisione di prorogare le concessioni balneari a tutto il 2024, assunta da de Pascale alla fine del 2023. E lo stesso de Pascale finge di scoprire che si sarebbe dovuto mettere mano a 203 concessioni rilasciate agli stabilimenti balneari e che sarebbe stato troppo lavoro riuscirci prima dell’inizio della stagione balneare 2024. Testualmente de Pascale si trincera dietro «l’oggettiva impossibilità di vedere esperite e concluse» le gare come motivo per la nuova proroga. Quelle gare che in tutto questo tempo non ha mai nemmeno provato a mettere in piedi e che a tutt’oggi sono allo stesso punto di due anni fa. Dice infatti ancora adesso che «è stato avviato un lavoro organizzativo che prevede la costituzione di un gruppo di tecnici che si occuperanno delle procedure selettive». Come dire: ci stiamo preparando a prepararci per essere pronti nella fase propedeutica a quella preparatoria…

Come Ravenna in Comune ribadiamo quanto avevamo detto già nel 2021, all’inizio del nuovo mandato di de Pascale:

«Come Ravenna in Comune preferiamo non creare aspettative inesistenti e non rinunciamo ad esprimere qualche valutazione che potrà sembrare, a qualcuno, meno “simpatica”. Innanzi tutto è esclusa la possibilità che vi sia spazio per ulteriori proroghe dopo che, lo stesso Consiglio di Stato, ne ha accordata una di durata biennale. È l’ultima e, considerato da quanto va avanti il balletto per non ottemperare a una decisione europea vincolante, si dovrebbe prender atto che poteva andar peggio, vista la dichiarata illegittimità delle proroghe accordate fino ad oggi.

Come noto non siamo degli entusiasti sostenitori del lasciare le mani libere al “mercato” a cui invece generalmente sia PD che centrodestra inneggiano. Il liberismo, insomma, per buonissime e più volte spiegate ragioni, non è il nostro credo. Tuttavia, in questo caso, la privatizzazione di beni di tutte e tutti, il demanio dello Stato, costituito da spiagge, terreni, zone urbane, ma anche ristoranti e “bagni al mare”, è già avvenuta da tempo. Quello che si è bloccato è il meccanismo di rivalutazione periodica del vantaggio per la collettività rappresentato dal fatto che sia uno specifico soggetto e non un altro a sfruttare quel bene di proprietà statale.  Insomma, da troppi anni chi ha ottenuto in concessione un bagno, un negozio, un ristorante, ecc. si comporta come se l’avesse acquistato. Anche lasciando da parte la questione “costo” (i canoni sono in genere bassi e si avvicinano più ad affitti a prezzo “popolare” che ai valori effettivi di mercato), questo ha consentito che si producessero importanti distorsioni. Una fra tutte è rappresentata dallo sfruttamento della rendita di posizione. Cioè ogni concessionario da quasi 20 anni ha la possibilità di subaffittare il bene ottenuto in concessione, trattenendo la differenza, spesso rilevante, tra quanto versato allo Stato e quanto versatogli dall’affittuario. L’attuale situazione, peraltro, non tiene in nessuna considerazione come sia stato gestito nel tempo il bene statale ricevuto: sono trattati allo stesso modo buoni e cattivi amministratori, chi ha investito in migliorie come chi ha persino evitato elementari manutenzioni, chi ha gestito direttamente e chi ha fatto l’immobiliarista, chi ha rispettato i diritti dei lavoratori e chi li ha violati, ecc.

Alla luce di tutto questo, come Ravenna in Comune, non riteniamo “serio” appiattire una posizione politica sulla sola “simpatia” verso chi, magari dopo aver meritevolmente operato, si troverà privo di concessione. Siamo invece disposti sin da ora ad unire la nostra voce a quella delle istituzioni locali perché si vada oltre e si ragioni sul come costruire i bandi perché possano valorizzare le azioni positive del passato nel caso di ripresentazione di istanza di concessione da parte dei gestori attuali. Così come dovrà discutersi dell’ottica in cui inquadrare le proposte di investimento considerando fondamentale la sostenibilità ambientale, oltre che economica. E anche si dovrà prendere atto che alcuni beni, ad esempio tratti di litorale, dovranno essere esclusi dal rinnovo della concessione, ampliando l’offerta di spiagge pubbliche.

Se il Comune è incompetente nella concessione di proroghe, d’altra parte, è più che competente dal lato dei bandi da emanare. Come Ravenna in Comune invitiamo dunque le istituzioni locali a piantarla con piagnistei teatrali ed iniziare a svolgere a pieno titolo il ruolo di Amministrazione per quanto di competenza. A vantaggio della collettività, ma anche degli operatori economici, compresi quelli che sino ad oggi non hanno avuto la possibilità di proporsi nella gestione perché esclusi dai “vecchi” concessionari (comunque da tutelare quando abbiano ben gestito i beni di tutte e tutti noi loro affidati)».

Ora il Consiglio di Stato, nella sua nota, «ha pertanto ribadito la necessità, per i Comuni, di bandire immediatamente procedure di gara imparziali e trasparenti per l’assegnazione delle concessioni ormai scadute il 31 dicembre 2023». Non si può che essere d’accordo. Se il Sindaco per ragioni squisitamente elettorali e tornaconto politico personale continua a tenere la testa sotto la sabbia sarà il primo responsabile dei danni arrecati ad un importante volano dell’economia turistica ravennate. E dovrà risponderne personalmente. Assieme a quelle forze politiche che gli tengono bordone.

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Ravenna, concessioni balneari: il Comune al lavoro per avviare i bandi

Fonte: Corriere Romagna del 18 maggio 2024

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