I MANGANELLI CONTRO I MINORENNI SONO UNA VIOLENZA INACCETTABILE

Come avevamo anticipato, venerdì si sono svolti in molte città italiane scioperi nelle scuole e cortei degli studenti contro l’aziendalizzazione dello studio. È la reazione alla morte di un ragazzo appena diciottenne, travolto da una putrella mentre si trovava su un luogo di lavoro nell’ambito, però, di quello che avrebbe dovuto essere un percorso di studi, non di morte. Da Catania a Milano, da Trento a Venezia a Udine e Bologna e Parma. E poi Firenze e Napoli, Cagliari e Cosenza, Bari e Taranto, Terni e Roma. Manca Ravenna per ora ma le agitazioni stanno allargandosi. Nessuna risposta alle richieste di dialogo che erano partite dal movimento studentesco. Nessuna risposta alle richieste di riforma delle attività scuola-lavoro. Eppure è dallo stesso direttore dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro che vengono le accuse più pesanti:

«Secondo i dati che abbiamo, sono in aumento gli incidenti che riguardano gli stagisti. Per molte imprese è diventata quasi un’abitudine ricorrere a queste figure, abusandone se non addirittura sfruttandole, per risparmiare sul costo del lavoro».

Le uniche risposte “istituzionali” sono quelle “sperimentate”: le manganellate. È successo a Napoli, a Torino, a Milano. Contemporaneamente è stato proclamato dai COBAS sciopero dell’intera giornata per il personale docente, educativo e ATA per protestare contro la morte sul lavoro in azienda dello studente Lorenzo Parelli e per i seguenti obiettivi:

  1. sospensione immediata di tutti i percorsi di scuola lavoro nell’anno in corso;
  2. abolizione del PCTO nelle scuole e revisione dei percorsi formativi nei centri di formazione professionale;
  3. stop allo sfruttamento di lavoro non retribuito sotto forma di stage gratuito;
  4. sostituzione dell’addestramento al lavoro con la formazione sui diritti e sulla sicurezza sul lavoro;
  5. formazione specifica al lavoro a carico delle aziende dopo la fine dei percorsi di studio;
  6. ammodernamento dei laboratori nelle scuole;
  7. eliminazione classi-pollaio e aumento degli organici (docenti e ATA).

Nessuna voce si è sentita dal governo nazionale. Nessuna dall’Amministrazione regionale e nessuna da quella cittadina. Ravenna in Comune chiede al Sindaco di prevenire le proteste e le manganellate nel nostro Comune. È stato lanciato un appello per una profonda riforma delle esperienze di lavoro combinate a quelle scolastiche. Lo riportiamo in allegato. Come Ravenna in Comune aderiamo e chiediamo a Sindaco, Giunta e Consiglio Comunale, Coraggiosa compresa, di aderire:

«La Costituzione prevede che la scuola sia formazione per la cittadinanza, non un luogo dove si impara a essere sfruttati, a lavorare gratuitamente, ignorando la cultura del lavoro, e rischiando di morire».

[Nell’immagine: manifestante dopo le manganellate a Torino – Foto di Valeria Casolaro per L’Indipendente]

#RavennainComune #Ravenna #scuola #lavoro

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ABOLIAMO OGNI FORMA DI ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO

La morte del giovane Lorenzo Parelli, schiacciato da una trave di acciaio nel suo ultimo giorno di alternanza scuola-lavoro, getta una luce tragica su un esperimento cominciato nel 2015 con la “buona Scuola” del governo Renzi e mai archiviato.
Lorenzo Parelli stava svolgendo l’ultimo giorno di tirocinio professionalizzante, alcuni hanno scritto stage di alternanza scuola-lavoro, tra il Centro di Formazione Professionale che frequentava e l’azienda Burimec di Lauzacco.
L’alternanza scuola-lavoro è normata in modo diversificato a seconda degli istituti superiori: nei licei, nei tecnici e nei professionali sono stati inaugurati i cosiddetti Pcto – Percorsi per le competenze trasversali e orientamento – mentre nei centri di formazione professionali l’alternanza è rimasta anche nella dicitura.
Intendiamoci subito: se è lavoro si paga ed è a carico delle aziende, se è formazione è garantita gratuita e pubblica.
Quello che sicuramente è comune in moltissime di queste esperienze è la bassa o nulla qualità formativa e la mancanza di formazione sulla cultura del lavoro di queste esperienze tra lavoro e scuola. In alcuni casi il tirocinio si trasforma in vero e proprio lavoro gratuito, quindi in una forma di sfruttamento.
Sono spesso le aziende che utilizzano in modo strumentale i Pcto e l’alternanza scuola-lavoro, quando cercano manodopera giovane, a basso costo, senza diritti sindacali.
La morte di Lorenzo Parelli non può non avere conseguenze. È avvenuta in un momento in cui il sistema scolastico si è dimostrato chiaramente inadeguato ai bisogni elementari di istruzione. La pandemia ha aperto un vaso di Pandora nerissimo: aule insufficienti e fatiscenti, personale ridotto all’osso, programmi inadeguati, apertura alla società inesistente a eccezione del canale-lavoro-azienda; eppure una costante e pervasiva campagna ideologica ha continuato negli ultimi anni a contrabbandare l’alternanza scuola-lavoro come un’occasione di sviluppo, di crescita, di innovazione. Il ministro Bianchi, che insiste molto su un’integrazione ancora più forte tra scuola e aziende, ha voluto commentare la morte di Lorenzo Parelli con una frase che lascia interdetti: “Il tirocinio dev’essere una esperienza di vita”.
Lo diciamo chiaro: gli studenti devono avere più scuola. Fermiamo la riforma del liceo in quattro anni e l’estensione della riforma degli Its (gli istituti tecnici superiori). Cerchiamo piuttosto di aumentare il numero di iscritti universitari e di laureati, e facciamo sì che la formazione aziendale la paghino le aziende.
La costituzione prevede che la scuola sia formazione per la cittadinanza, non un luogo dove si impara a essere sfruttati, a lavorare gratuitamente, ignorando la cultura del lavoro, e rischiando di morire.
Come genitori, docenti, operatori della scuola, studenti pensiamo sia venuto il momento di dire basta, in modo chiaro e definitivo, alla viltà dell’alternanza scuola-lavoro.
I ragazzi e le ragazze vanno a scuola per studiare, non per offrire braccia gratuite a un lavoro che si vuole formativo, mentre il tasso di disoccupazione giovanile stabilmente fermo al 30%.
Non si tratta di chiudere le porte della scuola a esperienze esterne a condizione che queste siano davvero inserite in un progetto educativo, conservino una valenza culturale, non siano obbligatorie e quindi vincolanti al superamento dell’esame di stato.
Per questo è venuto il tempo di abolire l’alternanza scuola-lavoro e avviare una riflessione seria sulla scuola pubblica e sui diritti dei giovani lavoratori.
 
(Appello preparato da Salvatore Cannavò e Christian Raimo: raccogliamo tutte le adesioni a: noscuolalavoro@gmail.com)
 
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In piazza contro la scuola del capitale disumano


Fonte: il Manifesto del 29 gennaio 2022

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