OIL & GAS: SE L’INEVITABILE RICONVERSIONE FOSSE INIZIATA QUANDO ERA NECESSARIO, OGGI SI ASSUMEREBBE INVECE DI LICENZIARE

Le società della famiglia Tozzi impegnate nel settore dell’estrazione off-shore sono fallite. I dipendenti delle società Tozzi Sud (149) e Tozzi srl (17) sono rimasti a casa senza lavoro. È l’epilogo di una crisi annunciata 3 anni fa. Tutto l’oil & gas italiano è in crisi da tempo. Sono dinamiche non riducibili alle semplificazioni secondo cui il problema sarebbe imputabile ai governi nazionali che si sono succeduti. In realtà influiscono fenomeni di portata internazionale e tra loro contrastanti. ENI, la cui natura mista pubblica e privata viene giocata abilmente a seconda del tavolo a cui si siede, disinveste dove non conviene economicamente e investe, al contrario, dove lo trova vantaggioso. La politica, i referendum, i diritti umani sono solo fumo negli occhi. A Ravenna le basi operative SAIPEM e ex AGIP operano ai minimi termini. Al largo di Port Said, invece, sviluppa il giacimento Zohr, definita dalla stessa ENI “la più grande scoperta di gas mai realizzata in Egitto e nel Mar Mediterraneo”. D’altro canto a Ravenna il cane a sei zampe si inventa l’impossibile pur di non rimuovere le piattaforme dismesse o in dismissione. All’estero invece cura direttamente le redditizie dismissioni delle piattaforme altrui. Le imprese ravennati del settore occupavano 6.000 addetti; 20 anni fa erano 10.000. Ed il trend è chiarissimo. «Con la Tozzi Sud, salgono a 7 le aziende fallite o in procedure concorsuali nel solo territorio di Ravenna. Alle quali aggiungiamo 3 società di primo piano che se ne sono andate da qui per trasferirsi altrove» afferma Franco Nanni, presidente del Roca.

Alle conseguenze della “mano invisibile del mercato”, lasciata libera di produrre quanto sopra secondo i dogmi del liberismo più sfrenato, si aggiungono quelle derivanti dalla lotta al cambiamento climatico. A seguito della riduzione nei consumi delle altre fonti fossili, è il gas ad aver conquistato il primo posto nella classifica mondiale delle fonti attualmente maggiormente climalteranti. Lo diceva testualmente già il rapporto “Global Carbon Budget 2019”: «Dal 2012 il gas naturale è stato responsabile di oltre la metà dell’aumento globale delle emissioni». Inoltre l’estrazione di gas è strettamente correlata all’abbassamento del suolo. Ne sa qualcosa Lido di Dante a cui l’Angela Angelina sottrae ogni anno 1 centimetro e mezzo aprendo le porte all’ingressione marina e a inondazioni sempre più frequenti. Ovvio come, con buona pace del ministro Cingolani, la narrazione che prevede di incrementare l’uso del gas nella transizione verso le rinnovabili non sia realistica. Nonostante l’attuale incremento della richiesta che spinge in su i prezzi, la strada verso una diminuzione dei consumi di gas è a senso unico.

Come Ravenna in Comune sappiamo bene che stare con chi vuole la transizione subito non sia la scelta più facile. Richiede attivarsi per spingere la produzione di energie rinnovabili ad oggi non sufficiente. Richiede di ripensare il modello produttivo e la società che abitiamo. Richiede di gestire il cambiamento anche per chi deve continuare a trarre sostentamento dal proprio lavoro e che, spaventato dal fatto di perderlo, si oppone alla trasformazione dell’economia a traino oil & gas. È più facile dare un colpo al cerchio un giorno (dichiarando l’emergenza climatica) ed uno alla botte il giorno dopo (facendo finta di credere ad una rivitalizzazione dell’off-shore ravennate): è la politica del Sindaco. Per noi, che invece del risultato elettorale immediato valutiamo di più il vantaggio della collettività, la politica è un’altra cosa. Le conseguenze sono davanti agli occhi di tutte e tutti: se l’inevitabile riconversione fosse iniziata quando era necessario, oggi si assumerebbe invece di licenziare.

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Ravenna, la Tozzi si arrende e dichiara il fallimento

Fonte: Corriere Romagna del 7 dicembre 2021

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