IL DISASTRO

La Camera di Commercio ha fatto il punto sull’economia ravennate dopo aver messo in fila i dati relativi ai primi tre mesi dell’anno. La conclusione, provvisoria e in attesa della quantificazione del disastro annunciato di aprile, registra le conseguenze del passaggio di Attila: nel mese di marzo si sono dimezzate le imprese (partite IVA) rispetto al corrispondente mese dello scorso anno. 413 in meno in provincia al 31 marzo 2020 prendendo a confronto il 31 marzo 2019. La cosa più grave è che non di solo coronavirus sta morendo l’economia ravennate. In dieci anni si sono perse 3.712 imprese attive, valore assoluto corrispondente ad un calo del 9,8%. Dunque, la tendenza al calo prosegue ininterrotta dal 2010. Per il primo trimestre mancano all’appello 189 aziende agricole, 162 esercizi commerciali, 74 imprese edili, 60 attività turistiche, 43 stabilimenti industriali e 33 aziende della logistica.

In un tale contesto, che come Ravenna in Comune abbiamo più volte segnalato all’Amministrazione che ha vinto le elezioni, il Covid-19 non poteva che aggravare il quadro. Avvisa la Camera di Commercio, infatti che “per quanto riguarda l’andamento tendenziale, sono segnali negativi che hanno le radici nel 2019; non sono ancora il bollettino degli effetti derivati dal Coronavirus, che si ripercuoteranno con più completezza nei prossimi trimestri”.

Le previsioni di Prometeia in relazione ai dati occupazionali indicano una situazione non solo di aumento della disoccupazione per il ravennate, ma anche di una progressione maggiore nel calo rispetto al dato regionale. Mentre in Emilia-Romagna il 2019 si era chiuso con un tasso del 5,5% rispetto al 4,6% relativo alla sola provincia di Ravenna, per il 2020 la situazione è prevista invertirsi. Per Ravenna si teme una disoccupazione al 7,1% contro il 6,7% regionale, in avvicinamento al 10% tendenziale per l’intera nazione, e un calo del PIL pro capite, sempre nel 2020, di 1.800 euro.

Il Porto di Ravenna ha movimentato nel mese di marzo complessivamente il 30,4% di merci in meno rispetto al marzo 2019 (il 12,7% in meno facendo un confronto allargato al primo trimestre). Praticamente tutti i settori sono in arretramento: dal – 73% per i prodotti agricoli e animali (- 77,7% nel trimestre) al -44,2% nei coil (-18,9% nel trimestre), dal -17,3% nei container (-7,9% nel trimestre) al -24,2% nei trailer (-12,8% nel trimestre). Giù le rinfuse solide (-28,7%) e le liquide (-37,7%). Scontato l’azzeramento delle crociere ma, in tutta sincerità, non è che faccia una gran differenza con gli scorsi anni della presidenza Rossi.

Così commenta l’Autorità Portuale: “il calo della domanda di acciaio, già in atto nel settore dell’automotive, ed il rallentamento in tutti gli altri settori utilizzatori a seguito dei provvedimenti di blocco dell’attività, hanno provocato un calo della produzione di acciaio che difficilmente potrà essere recuperato nel corso del 2020. In diminuzione nel primo trimestre 2020 anche i prodotti petroliferi (-2,4%) e i chimici liquidi (- 16,4%). Per i contenitori […] la criticità della performance nel mese di marzo (che perde, rispetto a marzo 2019, il -17,3%, pari a 3.357 TEUs) ha, di fatto, accentuato il pesante calo registrato già ad inizio anno. Dall’inizio di marzo, gli effetti della netta riduzione dell’export di container dalla Cina per effetto del lockdown e delle varie misure adottate per contrastare l’emergenza pandemica da COVID-19, hanno iniziato a farsi sentire anche nei porti italiani. In effetti, le portacontainer arrivate nei nostri porti nelle ultime settimane erano quelle partite dalla Cina prima che scoppiasse l’emergenza sanitaria (il transit time è di quasi 30 giorni) e, dunque, viaggiavano abbastanza piene, nonostante l’inizio del Capodanno cinese. Le successive rotazioni, quelle sopravvissute ai numerosi blank sailing dei vettori marittimi, hanno portato navi semivuote”.

È però in termini di raffronto con altre realtà regionali e nazionali che la situazione si presenta ancor più preoccupante. Se guardiamo agli indicatori della camera di commercio, il calo atteso nel 2020 nelle esportazioni dal territorio di Ravenna è superiore sia a quello previsto in regione che a livello nazionale.  Si parla dell’11,1% in meno rispetto al 2019. Dato peggiore appunto, nelle previsioni, sia a quello regionale (-9,9%) che a quello nazionale (-10,3%). E non è che, per gli “ingressi” le cose vadano meglio. Intendiamo l’accesso dal Porto di Ravenna, per il quale notoriamente sono gli sbarchi a costituire la quasi totalità del lavoro. Anche qui il confronto nel trimestre con gli altri scali è impietoso. Tutti limitano in qualche modo le perdite. Trieste perde il 5% rispetto allo scorso anno, Genova fa gli stessi Teus di un anno fa. Perfino il disastroso risultato veneziano (-10,5%) è meno peggio di quello ravennate.

E allora Sindaco? Vogliamo parlarne? Con urgenza, però, che sappiamo già che nei prossimi mesi la situazione peggiorerà! E come correttamente anticipato dal Presidente della Camera di Commercio “la tempestività nella reazione è l’unica strada per rallentare la caduta degli indicatori economici”. E non solo degli indicatori, perché dietro ai numeri ci stanno persone e famiglie.

#MassimoManzoli #RavennaInComune #Ravenna #porto #economia

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Coronavirus, firmato il Protocollo sulla sicurezza per le attività portuali. Arrivano nel frattempo le prime stime del 2020. “Nel periodo tra gennaio e aprile si registra una perdita del 17 per cento”, riferisce il presidente dell’Autorità Portuale Daniele Rossi

Sorgente: movimenti portuali nel primo trimestre 2020

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Camera di Commercio Ravenna e scenari economici 2020: in provincia il valore aggiunto della produzione calerà del 6,4%

Sorgente: il futuro dell’economia ravennate secondo la camera di commercio

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