Commercio: De Pascale conosce la realtà che amministra ?

C’erano i flash dei fotografi, c’erano le pailletes, c’erano consiglieri e assessori imbellettati sorridenti pronti a farsi selfie con chiunque, c’era ovviamente il taglio del nastro e ovviamente c’era il sindaco.
Il primo di giugno del 2017 s’è concluso il disegno del Pd sul commercio, consegnando di fatto l’intero mercato alla grande distribuzione.
Noi di Ravenna in Comune avevamo più volte posto dubbi e nostre proposte sia in campagna elettorale sia in questo primo anno di amministrazione del tutto inascoltate.
Giovedì è stato inaugurato il raddoppio di un’area commerciale già grande, per esser all’interno della città, e il sindaco De Pascale ha voluto commentare l’evento con dichiarazioni che lasciano sgomenti chi conosce la città e le sue dinamiche.
Citiamo da fonti giornalistiche: “Centri storici e commerciali possono lavorare insieme, dobbiamo reagire al mondo che evolve. Credo che l’ampliamento dell’Esp potrà essere d’aiuto anche per i commercianti del centro storico – continua il sindaco – Fino a oggi i turisti della riviera, nelle giornate di maltempo, si rifugiavano in centri commerciali più grandi altrove, come le Befane a Rimini o il Romagna Center di Savignano sul Rubicone. Con questo ampliamento i turisti potranno scegliere invece di venire all’Esp e, vista la sua posizione strategica a due passi da una città così importante, potranno decidere di visitare anche Ravenna, prendendo “due piccioni con una fava”.
Questa dichiarazione ci porta a pensare due cose gravi in egual misura: o il sindaco non conosce la realtà che amministra oppure vuole far credere a chi non addetto ai lavori qualcosa che in realtà non avviene.
Chi vive a stretto contatto con i commercianti del centro storico sa bene che il turismo, sopratutto quello attuale “mordi-fuggi”, non basta alla sopravvivenza del piccolo commercio, al momento rappresenta solo una piccola parte del fatturato.
Quindi porre la questione solo ed esclusivamente sull’aspetto turistico della zona di maggior pregio della città orienta l’opinione pubblica sulla necessità di riqualificare il centro allontanando sempre di più il cittadino da San Vitale e dalle vie attigue.
D’altronde tutto questo avviene già da tempo con l’allontanamento dei servizi al cittadino ( anagrafe, uffici pubblici, etc ) prima e ora si è arrivati persino a “ delocalizzare “ scuole e accademia.
Altra questione che la frase sopraindicata non permette ai commercianti di dormire sonni tranquilli è la ricerca della contrapposizione centro-ipermercato.
Noi di Ravenna in Comune consideriamo che l’ampliamento del centro commerciale e i successivi ampliamenti di altri supermercati ( es. centro Teodora) avrà una ripercussione su tutti i commercianti del territorio cittadino dal centro storico al negozio di prossimità nei paesi al di fuori delle mura cittadine.
Continueremo a parlare di commercio e continueremo a lottare per difendere i piccoli commercianti che rendono viva la città.
Chiudiamo chiedendoci: De Pascale conosce la realtà che amministra ?
Ravenna in Comune spera che le dichiarazioni rilasciate dal sindaco siano solo frutto dell’aria festosa che si respirava al centro commerciale e invita l’amministrazione ad un confronto su un tema molto importante per tutti i cittadini.

One comment to “Commercio: De Pascale conosce la realtà che amministra ?”
  1. “Se la città resta senza botteghe non è più una città”
    “L’ultimo rapporto di Confcommercio, uscito a febbraio, e intitolato “Demografia d’impresa nei centri storici italiani” fotografa la desertificazione commerciale  delle città italiane e dei loro centri storici. Parliamo di 40 capoluoghi di provincia di medie dimensioni  dove in otto anni, dal 2008 al 2016 i negozi sono scesi del 13,2 per cento. Se poi si considerano solo quelli del centro storico la riduzione è ancor più sensibile: quasi il 15 per cento. Più colpiti dal fenomeno sono librerie e negozi di giocattoli (uno su quattro ha chiuso senza essere stato rimpiazzato, neanche in periferia), negozi d’abbigliamento e tessili (meno 16%),  esercizi non specializzati (meno 19,3%) e a seguire alimentari e tabaccai. A sostituirli sono stati i venditori ambulanti che sono cresciuti del 11,3%. Per capirci: meno botteghe e più bancarelle. Con performance straordinarie al Sud, dove, per esempio a Palermo, in otto anni gli ambulanti si sono quadruplicati……”

    “Ma una bottega che chiude non è solo una saracinesca abbassata in più, un’insegna che scompare. E’ un luogo d’incontro in meno, un posto in meno dove socializzare, sostare, scambiare due parole per stanare di casa nascoste solitudini. Nel loro piccolo, questi esercizi sono un pezzo dell’identità del paese, del borgo, della città. Detta in termini sociologici, botteghe e negozianti rappresentano un importante presidio sociale e anche di cura e sicurezza per chi vi vive attorno; per di più senza costi aggiuntivi per le esauste casse comunali. Insomma, permetteteci il giochino di parole,  il negozio al dettaglio non è proprio… un dettaglio.”……..

    Sono alcuni passi di un articolo sull’argomento comparso sul web site di Famiglia Cristiana del 26/2/2017.
    Non aggiungo altro.
    Gianni Tramonti.

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