Un’Amministrazione ostile ai giovani e all’università

 

È questo che abbiamo di fronte: un’Amministrazione ostile ai suoi giovani e capace di concepire l’università unicamente come una mostrina da sbandierare di fronte agli altri capoluoghi e appuntare sul petto di qualche assessore. Che nella sua pochezza non comprende come il mondo universitario non sia da relegare nelle aule ma da integrare con un’idea di città, un’opportunità culturale unica lungamente non colta e anzi ignorata, costretta in spazi perlopiù privati, in penombra.

Il pub Woodstock è solo l’ultimo capitolo di una strategia senza capo né coda che punta a proibire piuttosto che a curare, che va dai secchielli rovesciati nei tombini alle panchine rimosse nella speranza che magicamente sparissero anche le terga che vi si sedevano. Un locale che era già nel suo piccolo una vittoria contro il degrado trattato come il degrado stesso, costretto a chiudere alle 23 con restrizioni ancor più punitive rispetto alle sale da gioco, alcove generatrici di degradi silenziosi e invisibili.

Un sindaco che senza mezzi termini firma l’ennesima ordinanza per spegnere in seconda serata le luci di vita in un’area colpita da microcriminalità, spaccio e prostituzione, lo stesso che non molto tempo fa parlava di voler invece destinare alcune zone “a luci rosse”, ignorando il problema dello sfruttamento e dello svilimento della donna pur di “ripulire” qualche strada, fra cui probabilmente anche via Maroncelli.

Una giunta che in cinque anni non è stata capace di dire se il centro città è un luogo dove vivere anche la notte oppure un dormitorio, dividendosi schizofrenicamente fra chi sosteneva l’apertura dell’uno o dell’altro locale, senza poi attuare una sola politica in favore, mantendendosi distante da qualsiasi opportunità di discussione e mediazione; salvo poi demandare al coraggio e alla costanza di alcune imprese la risoluzione di situazioni croniche di degrado d’intere piazze (come nell’esempio positivo di piazza San Francesco).

Anche sull’università è rimasta a guardare, trattando i giovani universitari come forestieri, senza infrastrutture e mobilità che li portassero a una vera fruibilità, a un vero contatto con la realtà cittadina. Gli unici spostamenti che ha incentivato sono state le transumanze da un  luogo di aggregazione a un altro, sulla scia delle chiusure, delle restrizioni e delle proibizioni.

I giovani vissuti come un fenomeno sociale problematico, buoni solo per due foto quando compiono diciotto anni, o per lavori di manovalanza gratuita in concomitanza di grandi eventi. Giovani che devono arrangiarsi perché le istituzioni culturali, e i loro finanziamenti, sono in mano spesso a professionisti e per loro non rimangono che le briciole.

Noi non immaginiamo una città così, dove le risorse più promettenti sono subalterne alla conservazione, alla spartizione, alla pezza che è peggio del buco. Per questo vogliamo avviare un dibattito con le associazioni giovanili e universitarie in città, per costruire con loro un modello alternativo, non ruffiano né votato a miopi provvedimenti proibizionisti.

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