Lunedì l’ormai ex “governatore” Bonaccini, originario di Campogalliano, ha concluso la propria campagna elettorale nel feudo di Romagna con questa frase: «Un’Europa che se assomiglierà un po’ di più all’Emilia Romagna sarà un’Europa migliore». E allora facciamo il punto usando gli indicatori della salute del territorio regionale e dei suoi abitanti su cosa significhi questa affermazione detta da chi per 10 anni ha rivestito il ruolo di Presidente della Regione.
Bonaccini si è vantato in ogni occasione di aver fatto approvare una legge regionale con l’obiettivo di azzerare il consumo di suolo: la LR. 24/2017. Come Ravenna in Comune ne abbiamo contestato i contenuti e l’impianto sin da prima della sua approvazione e abbiamo continuato a denunciare le continue proroghe che hanno impedito il suo funzionamento già ostacolato dalle deroghe di cui è infarcita. Il risultato? Secondo ISPRA (Rapporto 2016) nel 2015 dopo il suo insediamento e prima dell’emanazione della legge l’Emilia Romagna era la quarta regione in Italia per consumo di suolo con quasi il 10% del territorio impermeabilizzato (percentuale assurdamente alta considerata la parte che per ragioni orografiche non è urbanizzabile). Cosa ci lasciano in eredità i suoi 10 anni da cementificatore? Sempre secondo ISPRA in base all’ultimo rapporto disponibile (Rapporto 2023) nel 2022 l’Emilia Romagna conserva il quarto posto nella ben poco onorevole classifica delle regioni a maggior consumo di suolo del Paese. Tra il 2006 e il 2022 ci siamo “mangiati” 11mila ha di territorio vergine con conseguenze devastanti sotto il profilo della capacità di resistenza al cambiamento climatico. L’ultima prova l’abbiamo avuta un anno fa con le due alluvioni del maggio. La Romagna e Ravenna hanno avuto una lezione a carissimo prezzo sulla validità delle politiche di Bonaccini per la Regione quanto a salvaguardia del territorio.
Capitolo Sanità regionale. In attesa di quantificare la spesa corrente per l’anno appena trascorso, i dati ufficiali della Ragioneria dello Stato denunciano una spesa passata da 8 miliardi e 644 milioni di euro nel 2014 (anno di nomina di Bonaccini) ai 10 miliardi e 363 milioni di euro del 2022. Durante la campagna elettorale per la rielezione, nel 2020, Bonaccini descriveva quella della nostra Regione come una sanità di assoluta eccellenza non solo in Italia ma nel mondo. Si tratta di una balla mondiale. Non solo tutti gli anni è a rischio la chiusura dei bilanci e il conseguente commissariamento della sanità regionale, ma questa presenta problemi crescenti ben sintetizzati già lo scorso anno da de Pascale in uno dei rari momenti di sincerità: «Il sistema sta crollando. Basta avere un familiare che ne ha bisogno per sapere quale sia la situazione della non autosufficienza. Sull’emergenza-urgenza non si trovano i professionisti e si rischiano di lasciare i cittadini senza prestazioni. Azioni di risparmio di possono fare e le abbiamo fatte, ma non sono sufficienti». Provare ora a ribaltare tutta la responsabilità sul sottofinanziamento operato dall’ultimo governo Meloni è del tutto illusorio. Il PD di Bonaccini ma anche quello del suo predecessore Errani ha una enorme fetta di responsabilità nella deriva a cui è giunta la sanità regionale e romagnola. È il PD con tutti suoi eletti nelle istituzioni e con tutto il management con cui ha occupato la sanità ad averla affossata, con le sue politiche a favore della sanità privata, resa parte integrante del servizio sanitario attraverso convenzioni che hanno a loro volta contribuito a drenare risorse pubbliche. E in tutto questo la Romagna e Ravenna pagano un prezzo particolarmente elevato come certificato oramai ogni anno dalle classifiche internazionali sulla declinante qualità degli ospedali territoriali.
Come Ravenna in Comune potremmo aggiungere naturalmente altri capitoli a questa brutta storia. Pensiamo alla vicenda del rigassificatore, per la quale Bonaccini ha preteso il ruolo di commissario, ed il via libera a tutti (e solo) gli interventi di promozione delle energie fossili. Le ricadute sul cambiamento climatico sono note e cominciano a farsi sentire e quelle sulla qualità dell’aria sono a portata di polmoni già da tempo e fanno della nostra Regione il paradiso dei tumori alle vie respiratorie. Tristissimo anche il capitolo delle nomine in cui a tutti livelli Bonaccini ha privilegiato fedeltà alla competenza anche in settori fondamentali come quello portuale. E poi lo sperpero di denaro pubblico in iniziative perdenti come quella di promozione dei motori che solo una propaganda ben orchestrata si prova ad addolcire. E ancora l’autonomia differenziata, rivendicata con protervia e ancora oggi non ripudiata, è la ciliegina sulla torta avvelenata che lascia in eredità a chi verrà dopo di lui. Eccetera eccetera.
Come Ravenna in Comune il miglior augurio che possiamo fare all’Europa è di non eleggere Bonaccini: come Emiliano-Romagnoli abbiamo già dato, non vorremmo ripagar dazio anche come Europei. L’Europa si ferma a Campogalliano.
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Elezioni europee. Bonaccini in Darsena a Ravenna: “Serve un’Europa più simile all’Emilia-Romagna”