
Ieri è morta una persona nel porto di Ravenna. Aveva 67 anni, cioè l’età in cui perfino la feroce Fornero permette di andare in pensione. Invece Giuseppe è morto in un piazzale di SAPIR, impresa portuale la cui proprietà è a maggioranza pubblica. Leggiamo sulla stampa: «L’autotrasportatore sarebbe stato investito una volta sceso dal suo mezzo durante le operazioni di carico e scarico argilla».
Contrariamente a quanto accaduto in occasione di precedenti omicidi di lavoro (usiamo questo termine perché siamo d’accordo con i sindacati: gli “incidenti” non esistono), questa volta c’è stata una rincorsa alle manifestazioni di sdegno e di solidarietà anche da parte delle Istituzioni, cosa che, appunto, ormai non avveniva più da tempo. Addirittura il Ministro Salvini ha rivolto “un pensiero” (così ha detto) al lavoratore morto, ai suoi colleghi e alla sua famiglia. Il Sindaco di Ravenna si è ricordato di aver «lavorato oltre 15 anni nel mondo della logistica, assistendo centinaia di volte a operazioni di carico, scarico, manovra e pesatura, e ancora non riesco a comprendere come, ciclicamente, possano accadere eventi di questo tipo». E poi, ha aggiunto: «Occorrerà capire cosa non è funzionato nell’espletamento del lavoro a cui l’uomo era intento, perché uscire di casa per recarsi al lavoro e non rientrare è inaccettabile».
Certo che occorrerà capire, occorre sempre capire, e dopo aver capito, se la magistratura non riterrà subito che Giuseppe sia andato incontro alla morte con il proprio comportamento, ci sarà un lungo percorso processuale al termine del quale l’unica certezza sarà che Giuseppe è morto. Se proprio proprio qualcuno dovesse andarci di mezzo processualmente sarà un altro lavoratore, magari proprio il conducente del mezzo che lo ha investito. Nessuna altra responsabilità verrà mai accertata. Il padrone del terminal, cioè del luogo dove è avvenuta la morte del lavoratore, non andrà nemmeno a processo. Non stiamo tirando a indovinare: è quello che accade sempre dopo un cosiddetto “incidente” sul lavoro. Come disse la Procura al processo seguito alla morte di Fabio, un altro camionista, investito nel piazzale di Setramar nel 2017: «fu autore di una condotta imprudente e imprevedibile. Se avesse rispettato le regole questa tragedia non sarebbe avvenuta».
Il punto è che qui stiamo parlando di SAPIR. Il Sindaco rappresenta il principale azionista del terminal. Il Comune di Ravenna, cioè tutta la collettività ravennate, possiede il modo di controllare il più importante terminal portuale del nostro scalo. Lo ha dimostrato poco tempo fa impedendo che venissero imbarcati due container diretti ad Israele. Eppure non c’è stata nessuna differenza tra quanto accaduto in un terminal in piena proprietà privata, Setramar, e in un terminal controllato dalla proprietà pubblica, SAPIR; con il risultato che due lavoratori sono scesi dal loro camion e sono stati investiti.
Dichiara il Sindaco: «Accadeva ieri e continua a succedere oggi: per questo, se prevenzione e protocolli non riescono ad azzerare i rischi, tutti noi, a partire dalle istituzioni pubbliche, dobbiamo fare un salto di qualità nell’affrontare il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro». Non si tratta di far un salto di qualità ma di fare finalmente qualcosa in più di parlare e basta. Se in un terminal controllato dal Comune accadono le stesse cose che accadono in un terminal privato a cosa serve la proprietà pubblica? Eppure il Sindaco ha dimostrato che quando vuole può ottenere risposte immediate da SAPIR. Se la sicurezza fosse veramente «la prima delle priorità, il valore di riferimento imprescindibile di ogni nostro operato» come affermano i vertici di SAPIR, Giuseppe sarebbe a casa con la sua famiglia. Se il Sindaco è sincero nelle sue affermazioni faccia in modo che da subito la sicurezza sia veramente la prima delle priorità di SAPIR.
Ravenna in Comune torna a chiedere l’attivazione dell’Osservatorio sulla sicurezza e sulla legalità del lavoro come da decisione assunta su nostra proposta dal Consiglio Comunale che, dal 2019, aspetta di venire attuata. Durante il mandato 2016-2021 il nostro capo gruppo in Consiglio Comunale, Massimo Manzoli, si espresse così su quei patti e i protocolli della cui inefficacia solo ora Barattoni sembra accorgersi: «Si fanno da dieci anni, ma io ho un approccio scientifico: nonostante i protocolli nel giro di 5-6 anni sono morte due persone nel porto allo stesso modo, quindi il protocollo è uno strumento di facciata non efficace, lo dicono i dati non Manzoli. E cito Calamandrei, quando parlava della Costituzione: i protocolli e gli osservatori sono pezzi di carta, li lascio cadere e non si muovono. Perché si muovano bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere le promesse, e la propria responsabilità». Tutta la collettività ravennate aspetta di conoscere quando la sicurezza sul lavoro sarà considerata veramente una priorità per il Comune di Ravenna. E lo aspetta da troppo tempo. Ci consentano una critica, per concludere, i sindacati confederali: un’ora di sciopero per quello che, giustamente, Landini respinge come fatalità e chiama con il suo nome, omicidio, è un po’ poco…
[immagine tratta dal sito di SAPIR: pare dire che tutta l’attività dell’impresa portuale poggi su lavoratrici e lavoratori. Se è vero, allora sia la loro sicurezza in testa a tutto]
#RavennainComune #Ravenna #lavoro #sicurezza #osservatorio
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Incidente mortale al porto di Ravenna, operaio travolto da un camion
L’infortunio sul lavoro è avvenuto al terminal Sapir nel settore inerti, la vittima è Giuseppe Zuccoli, della cooperativa autotrasporti Fossombrone. L’autotrasportatore sarebbe stato investito una volta sceso dal suo mezzo durante le operazioni di carico e scarico argilla. Il sindaco: “Profondamente scosso, vicino alla famiglia”. Bakkali (Pd): “Serve un Testo unico sulla sicurezza”
