NO AL RIGASSIFICATORE A 57 ANNI DAL DISASTRO DEL PAGURO

Ci sono anniversari che vengono onorati ogni anno puntualmente. Altri che hanno una cadenza cinquennale o decennale. Ce ne sono altri ancora che incrociano il momento giusto del calendario in occasione di determinati passaggi storici. Non è dunque un caso, forse, che oggi assume una valenza particolarmente significativa la tragedia del Paguro.

Per qualcuno il Paguro è un’oasi subacquea di inestimabile valore. Che è vero, naturalmente. Dal 1995 è il nome di un sito di interesse ambientale comunitario. Prima, però, è stata una grande piattaforma estrattiva distrutta dalle fiammate apocalittiche del gas metano che stava portando in superficie. Sono 57 anni oggi che ricorre l’anniversario della notte del disastro del Paguro. Delle 38 persone che lavoravano sulla piattaforma furono in 3 a non essere riportate a terra sane e salve: Arturo, Pietro e Bernardo rimasero tra le vittime. Altri vennero recuperati feriti ma se la cavarono. Dalla colonna di perforazione alle 21 del 29 settembre 1965 si sollevò una colonna di acqua e fango, poi seguì il metano da 3.000 metri di profondità, che prese fuoco e distrusse ogni cosa, inabissando per sempre la piattaforma. Per giorni e giorni dalla città si videro le lingue di fuoco del gas che bruciava sul mare.

Oggi a Ravenna si discute se mettere un rigassificatore proprio davanti alla costa, a 8 chilometri dalle spiagge di Punta e Marina, attaccandolo ad un’altra piattaforma (non estrattiva). La proposta era già stata respinta dal Comune nel 2008 ma adesso il Sindaco vorrebbe ribaltare quella decisione. La piattaforma del Paguro, per riferimento, era a 17 chilometri. L’unico rigassificatore attualmente in funzione in Italia simile a quello che qualche sconsiderato vorrebbe per noi (cioè una nave galleggiante) è stato collocato a circa 22 chilometri dalla costa livornese. La distanza di sicurezza è stata decisa dopo un’approfondita procedura comprensiva della Valutazione di Impatto Ambientale e di quella relativa ai Rischi di Incidenti Rilevanti. Il Commissario al Rigassificatore, quel Bonaccini che è anche presidente dell’Emilia Romagna, il giorno dopo le elezioni ha dichiarato che «Con qualsiasi governo faremo il rigassificatore a Ravenna, perché ne ha bisogno l’Italia e noi siamo persone serie». Talmente serie che la decisione vuole assumerla senza nessuna VIA né RIR. L’amministratore delegato di Snam FSRU Italia ha “garantito” qualche giorno fa che non ci sono problemi di sicurezza. Però anche SNAM ha dato l’altolà: niente procedura di VIA e niente RIR.

Il progetto ravennate prevede il ricevimento del gas mediante navi metaniere di dimensione variabile potendo contare su una capacità di stoccaggio fino a 170mila metri cubi di m3 di gas liquefatto (GNL). Molto maggiore di quella di Livorno. Il GNL è altamente infiammabile. Richiesto qualche anno fa su quale potesse essere l’incidente più catastrofico immaginabile fra tutte le fonti energetiche, Piero Angela non aveva dubbi a rispondere «quello della metaniera, che si spezza vicino alla costa». E, con la grande capacità di spiegarsi che lo contraddistingueva, chiariva il motivo: «Una grande nave metaniera, che trasporta 125 mila metri cubi di gas liquefatto a bassissima temperatura, contiene un potenziale energetico enorme. Se nelle vicinanze della costa, per un incidente, dovesse spezzarsi e rovesciare in mare il gas liquefatto, potrebbe cominciare una sequenza di eventi catastrofici. Il gas freddissimo, a contatto con l’acqua di mare, molto più calda, inizierebbe a ribollire, a evaporare e formare una pericolosa nube. Questa nube di metano evaporato rimarrebbe più fredda e più densa dell’aria e potrebbe viaggiare sfiorando la superficie marina, spinta dal vento, verso la terraferma. Scaldandosi lentamente la nube comincerebbe a mescolarsi con l’aria. Una miscela fra il 5 e il 15 percento di metano con l’aria è esplosiva. Il resto è facilmente immaginabile. Se questa miscela gassosa, invisibile e inodore, investisse una città, qualsiasi (inevitabile) scintilla farebbe esplodere la gigantesca nube. La potenza liberata in una o più esplosioni potrebbe avvicinarsi a un megaton: un milione di tonnellate di tritolo, questa volta nell’ordine di potenza distruttiva delle bombe atomiche. Le vittime immediate potrebbero essere decine di migliaia, mentre le sostanze cancerogene sviluppate dagli enormi incendi scatenati dall’esplosione, ricadendo su aree vastissime, sarebbero inalate in “piccole dosi”, dando luogo a un numero non calcolabile, ma sicuramente alto, di morti differite nell’arco di 80 anni. Si tratta di uno scenario assolutamente improbabile, ma non impossibile».

Ravenna in Comune per motivi ambientali, economici e politici è contraria alla politica di rigassificazione, imposta da un governo ai suoi ultimi giorni attraverso una procedura d’urgenza antidemocratica. Un’altra ragione è quella della sicurezza che non può essere messa in secondo piano, specie a Ravenna, dove già esistono altri 26 impianti ad alto rischio di incidente rilevante. Assieme alle cittadine e ai cittadini del coordinamento ravennate di Per il Clima – Fuori dal Fossile, alle altre associazioni e forze politiche che aderiscono alla protesta, chiediamo che la procedura avviata dalla domanda di SNAM sia completata con la corretta valutazione di VIA e di RIR. Anche la tragedia del Paguro non doveva accadere ma accadde. A 57 anni di distanza dal disastro del Paguro il miglior modo di onorarne la memoria è quello di adottare tutte le misure indispensabili per evitare un possibile catastrofico incidente. Le “garanzie” sulla parola di SNAM non possono accontentare nessuno, né istituzioni né cittadinanza.

[nell’immagine: la prima pagina della Domenica del Corriere di 57 anni fa sul disastro del Paguro a fianco ad una foto della piattaforma mentre si inabissava]

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Un boato lacerò il silenzio in mare. La notte del disastro del Paguro. Tre morti nella sciagura al largo di Marina che nel settembre 1965 distrusse la piattaforma metanifera

Fonte: Il Resto del Carlino del 27 settembre 2022

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