IL FASCISMO E IL NO AL GREEN PASS SONO DUE COSE DIVERSE

Ieri a Roma si è tenuta una grande manifestazione di solidarietà alla CGIL e contro lo squadrismo neofascista. È stata una bella prova di forza. Ed è stata anche una cosa giusta. Come Ravenna in Comune rivendichiamo con orgoglio e consapevolezza di essere stata una delle prime forze politiche a Ravenna a condannare le violenze contro la sede nazionale del sindacato. Abbiamo scritto: «La nostra è una condanna senza riserve di tutti i fascismi, come sempre abbiamo fatto. Ci auguriamo che da adesso sia un impegno collettivo quello del loro contrasto e che si smetta di considerarlo folklore di un passato che non può tornare. Ciò che non ritorna è ciò che si impedisce giorno per giorno di ritornare. Niente è regalato. Niente è per sempre».

Abbiamo anche ribadito fermamente che «Nessuna legittimazione avranno mai i fascisti dal loro infiltrarsi nelle pubbliche manifestazioni».

Perché è chiaro che non bisogna confondere l’opposizione all’estensione dell’obbligo di green pass, con i tentativi dei neofascisti di strumentalizzarla intestandosela. È democrazia la contestazione che tanta parte del Paese sta portando avanti contro l’imposizione di un apposito “via libera” per lo svolgimento delle normali attività della vita, dal lavoro, all’accesso ai luoghi di cura e di cultura, ai mezzi pubblici, ecc. Ed è democrazia, una gran prova di democrazia antifascista, la manifestazione di piazza San Giovanni a Roma di ieri per dire no al fascismo e per sostenere un allargamento delle pratiche di contrasto ai fascisti che la democrazia aborrono. Sono entrambe manifestazioni di democrazia. Che «Tutti hanno diritto di manifestare» ce lo dice la Costituzione. La stessa Costituzione che, aggiunge, «è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista».

Come Ravenna in Comune ci opponiamo alle strumentalizzazioni da ogni parte arrivino. Neghiamo ai fascisti di rivendicare come proprie le piazze che si oppongono all’uso che è stato imposto della certificazione “verde”. E neghiamo la legittimità di appiattire come fasciste le contestazioni contro i green pass. Come ha detto Don Ciotti: «Il dissenso è il sale della democrazia, la violenza è la sua negazione».

Non va dimenticato, come tutto il sindacato ha fin dall’inizio evidenziato, che con il green pass si “scarica” sulla cittadinanza la mancata adozione di misure di sicurezza da parte di padroni e governanti. In Italia è stato stravolto il senso del green passo europeo (di cui al regolamento UE 2021/953 del 14 giugno 2021 del Parlamento europeo e del Consiglio UE). L’Europa voleva standardizzare le certificazioni dei diversi stati per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di Covid-19. In Italia è diventato il mezzo per aggirare un eventuale obbligo vaccinale universale evidentemente ritenuto improponibile. «Una forzatura» secondo le parole di Landini.

I primi a chiedere l’obbligo del green pass sui posti di lavoro sono stati i padroni. Per evitare di sostenere costi indispensabili per garantire la sicurezza in quegli stessi posti di lavoro. Il PD, al governo a Roma, a Bologna e a Ravenna li appoggia. Anche il Sindaco è d’accordo con i padroni. «Sono per l’estensione il più possibile» ha dichiarato ieri.

Ravenna in Comune, invece, è dalla parte delle lavoratrici e dei lavoratori, del sindacato e degli antifascisti. I padroni, quegli stessi padroni che un anno fa impedivano la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro, stanno da un’altra parte. C’erano le pressioni di Confindustria dietro alle scelte che hanno trasformato una epidemia in una tragedia, quando tra febbraio e marzo del 2020 il Covid-19 è esploso. Non dimentichiamolo.

[nella foto: il presidio democratico del 10 ottobre davanti alla Camera del Lavoro di Ravenna dopo le devastazioni fasciste nella sede della CGIL di Roma della sera prima]

#RavennainComune #Ravenna #GreenPass #Covid19

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De Pascale: «Sono per l’estensione il più possibile»

Fonte: Corriere Romagna del 16 ottobre 2021 – De Pascale: «Orgoglioso dei nostri lavoratori al porto. Sono contro i tamponi gratis» – di Chiara Bissi

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