LAVORO: VOGLIAMO UN OSSERVATORIO VERO E NON SOLO DI FACCIATA

Il 18 giugno 2019 il Consiglio Comunale di Ravenna ha approvato senza voti contrari la nostra proposta di istituire un Osservatorio per la legalità e la sicurezza del lavoro. Faceva parte del nostro programma elettorale e abbiamo salutato la non scontata approvazione del Consiglio come un passo importante in avanti. Purtroppo la nostra azione istituzionale si è dovuta fermare lì. Il resto toccava al Sindaco e al Prefetto. Infatti, per ottenere l’approvazione, abbiamo dovuto accettare che l’Osservatorio, che noi volevamo comunale, si costituisse presso la Prefettura. C’è voluto più di un anno di continue pressioni (dopo i tre per arrivare in Consiglio) ma alla fine anche questo passo è stato fatto. E qui, però, si ferma tutto. Nel 2020 si è riunito una volta sola. Abbiamo sollecitato più volte il Sindaco, che siede nell’Osservatorio per conto del Comune, ma è stato tutto inutile. Ora, su richiesta delle OO.SS., l’Osservatorio si riunirà il prossimo 27 luglio: la prima volta per il 2021. È chiaro che così non serve a niente. Se deve rappresentare una facciata istituzionale senza produrre e diffondere dati che indirizzino l’azione ispettiva è molto lontano dalle nostre richieste e da quanto richiesto, poi, dall’intero Consiglio. È netto su questo il nostro Consigliere, Massimo Manzoli, in un’intervista al Corriere uscita ieri (Chiara Bissi, “Manzoli: L’Osservatorio sulla sicurezza? Riunito solo una volta, così non serve”: di seguito il testo integrale dell’intervista):

«L’osservatorio che avevamo proposto non esiste. La nostra idea prevedeva un osservatorio di natura comunale, ciò significa metter risorse e tempo per coordinarlo per mappare e tenere monitorate le situazioni critiche del nostro territorio, relative alle infiltrazioni mafiose e alle situazioni di illegalità e alle zone grigie del lavoro. Partendo naturalmente dall’analisi delle cooperative spurie o finte che vivono di subappalti nel porto e dalle situazioni di simil caporalato nel settore agricolo. […] Nulla di ciò che immaginava la nostra proposta è stato fatto. Qualcuno dirà che si fanno i protocolli di legalità. Quelli si fanno da dieci anni, ma io ho un approccio scientifico: nonostante i protocolli nel giro di 5-6 anni sono morte due persone nel porto allo stesso modo, quindi il protocollo è uno strumento di facciata non efficace, lo dicono i dati non Manzoli. E cito Calamandrei, quando parlava della Costituzione: i protocolli e gli osservatori sono pezzi di carta, li lascio cadere e non si muovono. Perché si muovano bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere le promesse, e la propria responsabilità». È una sollecitazione, rivolta sia a de Pascale che ad ogni candidato a ricoprire il ruolo di Sindaco alle elezioni di ottobre, «ad ammettere che così non funziona e a creare un osservatorio comunale mettendoci combustibile, cioè persone e risorse».

E visto che è il porto nell’occhio del ciclone, riproponiamo le domande alle quali vorremmo che l’Osservatorio desse risposte:

Quante ispezioni sono state effettuate complessivamente sulle operazioni portuali nell’ultimo anno? Quante ne ha svolto l’AdSP e quante le altre amministrazioni competenti?

Quanto “pesano” le imprese e cooperative impegnate in appalti e in subappalti nel computo delle violazioni riscontrate?

Di quale tipo di violazioni è risultato con maggior frequenza l’addebito: igiene e sicurezza del lavoro, regolarità contributiva o altro?

Ci sono state imprese che, più di altre, hanno accumulato violazioni? Se sì, a quale settore della filiera appartengono? Sono tra loro collegate?

Quanti infortuni hanno colpito lavoratrici e lavoratori all’interno del porto, inteso non limitatamente alle sole banchine ma bensì all’intero ambito portuale, come previsto dal protocollo per la sicurezza dei lavoratori del porto?

Aspettiamo che questa volta de Pascale, finalmente, ritrovi la parola come Sindaco che fa parte dell’Osservatorio piuttosto che come candidato in perenne campagna elettorale: dopotutto mancano più di due mesi alla fine dell’attuale mandato!

[nella fotografia: la pinza di tre tonnellate precipitata dentro un magazzino della Marcegaglia il 22 maggio scorso senza che nessuno si facesse male. L’ennesimo “avvertimento” non ascoltato: il 15 luglio scorso un lavoratore di una cooperativa dentro Marcegaglia è stato schiacciato da un coil ed è morto] 

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Manzoli: «L’Osservatorio sulla sicurezza? Riunito solo una volta, così non serve». Il consigliere comunale invita De Pascale e i candidati a sindaco a intervenire sul tema «Servono risorse per mappare le situazioni critiche e le false cooperative»

L’osservatorio per la legalità e la sicurezza sul lavoro è operativo da un anno, ma nel 2020 si è riunito una volta sola.

Il Covid ne ha rallentato l’attività mentre nemmeno la pandemia ha rallentato il fenomeno degli infortuni sul lavoro, in alcuni casi mortali. Negli ultimi giorni dai sindacati è arrivata la richiesta di una nuova convocazione, dopo l’infortunio mortale di Bujar Hysa, l’operaio 63enne, socio della cooperativa Cofari, morto venerdì 16 luglio, per essere rimasto schiacciato sotto una grande bobina di acciaio, all’interno dello stabilimento Marcegaglia. Sette persone sono state iscritte nel registro degli indagati dalla Procura. Nel 2014 un incidente in tutto simile era costato la vita a un altro operaio nello stesso sito. Il consigliere di Ravenna in Comune, Massimo Manzoli interviene sull’argomento, sfidando i candidati alle prossime elezioni comunali. Per Manzoli l’osservatorio, sotto l’egida della prefettura, non può dare un impulso politico nel senso più ampio alle misure da mettere in campo.

Cosa chiede alla politica?

«Chiedo se il sindaco Michele De Pascale è disposto ad ammettere che così non funziona e a creare un osservatorio comunale mettendoci combustibile, cioè persone e risorse. E lo chiedo anche agli altri candidati sindaci»

Cosa non ha funzionato, secondo lei, in questo organismo che avevate chiesto con forza nel corso della consiliatura?

«L’osservatorio che avevamo proposto non esiste. La nostra idea prevedeva un osservatorio di natura comunale, ciò significa metter risorse e tempo per coordinarlo per mappare e tenere monitorate le situazioni critiche del nostro territorio, relative alle infiltrazioni mafiose e alle situazioni di illegalità e alle zone grigie del lavoro. Partendo naturalmente dall’analisi delle cooperative spurie o finte che vivono di subappalti nel porto e dalle situazioni di simil caporalato nel settore agricolo».

Poi cosa è successo?

«Essendo una piccola lista per far passare le proposte devi trovare una quadra con la maggioranza. L’unico modo per farla passare è stato accettare l’osservatorio in prefettura e non insediato in Comune, la giunta ha ritenuto di non dover mettere tempo e risorse per coordinare e noi abbiamo accettato nella speranza e buona fede che non fosse solo un luogo di facciata istituzionale».

Non è stato così, secondo lei?

«Si è rivelata una speranza vana visto che nulla di ciò che immaginava la nostra proposta è stato fatto. Qualcuno dirà che si fanno i protocolli di legalità. Quelli si fanno da dieci anni, ma io ho un approccio scientifico: nonostante i protocolli nel giro di 5-6 anni sono morte due persone nel porto allo stesso modo, quindi il protocollo è uno strumento di facciata non efficace, lo dicono i dati non Manzoli. E cito Calamandrei, quando parlava della Costituzione: i protocolli e gli osservatori sono pezzi di carta, li lascio cadere e non si muovono. Perché si muovano bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere le promesse, e la propria responsabilità».

Chiara Bissi

Fonte: Corriere di Romagna del 23 luglio 2021

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