IL PONTE IMMOBILE CHE IMPEDISCE AL MARE DI ARRIVARE IN PIAZZA

Il Resto del Carlino di domenica ha dedicato un’intera pagina al ponte mobile (meglio: apribile) sul Candiano per la firma di Andrea Colombari. Riporta di un’archiviazione di un esposto presentato dal consigliere Alvaro Ancisi ad inizi 2017 relativo a fatti precedenti all’attuale consigliatura. Infatti, in premessa, l’ordinanza del gip riferisce che “se anche i reati ipotizzati – vari abusi d’ufficio – fossero stati commessi –, risulterebbero comunque prescritti dal 16 aprile 2016”. Perché occuparcene allora?

L’esposto, che ha dato origine all’indagine ora definitivamente archiviata, chiedeva di verificare, riguardo alla realizzazione del ponte” l’eventuale esistenza di un accordo criminoso tra alcuni dei soggetti coinvolti nell’iter procedurale mirato ad aggirare le norme in materia di appalti per consentire un ingiusto aggravio della spesa pubblica con conseguenti vantaggi illeciti”. E citava elementi a sostegno di quanto asserito. Il giudice ha ritenuto dunque che si debba archiviare in quanto “l’abuso d’ufficio è reato di non facile realizzazione, restando sempre difficile la distinzione tra abuso d’ufficio ed effetti deleteri dell’incapacità amministrativa”. Senza contare gli effetti prescrittivi già citati. Ha però confermato che “i dati fattuali di fondo alla base dell’esposto sono corretti”.

Secondo noi merita di essere raccontata una vicenda esemplare per i processi di intreccio tra imprese, politica, amministrazione cittadina e portuale e, in quanto tale, estremamente istruttiva per gli effetti che si sono prodotti e, soprattutto, possono tornare a ripetersi. Ora più che mai che sembra trovare conclusione il procedimento per l’affidamento e la realizzazione del nuovo porto di Ravenna e degli scavi conseguenti, quello che noi chiamiamo Porto 2030 considerando la data termine dei lavori.

Per cominciare il racconto bisogna ritornare al ponte di prima di quello che attualmente collega le due sponde. Qualcuno se lo ricorderà, era veramente mobile in quanto era una imbarcazione. L’attraversamento del Canale fu realizzato sulla base di una convenzione tra pubblico e privato, in cui il Comune si occupò delle opere a terra ed il privato, una società di nome SILM, di quelle sull’acqua. I costi del Comune erano sostenuti ovviamente dalle risorse pubbliche e quelli di SILM dal pedaggio per l’attraversamento. Va rammentato che il Canale era ancora un normale luogo di transito di imbarcazioni che giungevano sino alla Darsena e, pertanto, era soggetto a frequenti movimenti del “ponte”.

È durante il mandato come Sindaco del futuro senatore Mercatali che la collaborazione si interruppe. Secondo il Comune l’imbarcazione, ad ammortamento dei costi intervenuto, sarebbe dovuta divenire pubblica. Secondo la SILM, la cui posizione prevalse in giudizio, no. Da parte del Comune, allora, si sviluppò con l’Autorità Portuale un progetto per un attraversamento alternativo a quello organizzato dalla SILM. La giustificazione di tale intervento stava nel rendere gratuito e non più oneroso il transito.

Come spesso accade (e come la vicenda del progetto Porto 2030 ha rammentato) la programmazione è una cosa e la realizzazione un’altra, sia quanto a tempi che quanto a costi. Ritorniamo dunque all’articolo giornalistico per la prosecuzione del racconto. Per i tempi, ci viene detto, “il contratto d’appalto viene stipulato il 23 marzo 2007, giorno in cui Autorità Portuale affida alla cordata guidata da CMC il ponte mobile sul Candiano. […] Tuttavia, in seguito a varie proroghe, l’opera viene consegnata il 16 aprile 2010, cioè con un anno e quattro mesi di ritardo”. Per i costi, invece, “a fronte di un importo dedotto nel contratto principale di poco più di 7 milioni di euro, si arriva a un costo effettivo di oltre 11 milioni, compresi i 350 mila pagati in disapplicazione di una penale relativa alla ritardata consegna dei lavori e di 90 mila euro per costi di gestione del ponte. A conclusione dei lavori la sostituzione del vecchio sistema di attraversamento con il nuovo era cosa fatta. Ed anche la gestione, passata alla CMC.

Ora tocca al giudice dei giorni nostri, per il quale “affidare conduzione, gestione e manutenzione dell’opera agli stessi soggetti che l’hanno realizzata, non appare conforme”. E per i problemi che hanno afflitto per anni l’opera sino a far gridare al sabotaggio ad un presidente dell’autorità portuale, “ce n’è abbastanza per il gip per bollare l’opera come esecutivamente progettata in maniera approssimativa”.

Oggi il ponte viene raramente aperto. Qualcuno lo ha ribattezzato “ponte immobile”. È stata la sua realizzazione in quel modo a condannare di fatto la Darsena ad un futuro di lago (sporco e inquinato) interno. Anche all’ultima imbarcazione che ha provato di arrivare in testata, la motonave Stella Polare, è stato impedito di oltrepassare il ponte e ha finito per gettare la spugna. Il ponte è al servizio di un traffico prevalentemente urbano di auto e camion in transito da una sponda all’altra. Dunque perché, come ha scritto il giudice, si sono disattese le “originarie previsioni delle autorità, secondo cui avrebbe dovuto essere il Comune a occuparsene, anche se non è dato sapere quali siano le ragioni che hanno indotto una modifica del programma”? Lo chiediamo dunque al Sindaco: perché il Comune non gestisce il ponte? Noi pensiamo che se si fossero rispettate quelle che il giudice ha definito “le originarie previsioni” non si sarebbe assistito al balletto di rimpalli tra amministrazioni ed il Comune avrebbe, con piena responsabilità, potuto far fronte al futuro della Darsena. Di chi è la responsabilità se oramai in testata riesce ad arrivare solo la Madonna Greca (e quest’anno neanche quella)? Qualcuno dice della Capitaneria di Porto.

Proprio oggi il Sindaco, il Comandante del Porto e il Presidente di AP si troveranno in Darsena a fare sali scendi sul pezzo di passerella in legno per inaugurarla. De Pascale ha appena dichiarato che “se qui non si innescherà l’iniziativa privata, ci penserà il Comune a favorire la fruizione di quello che avevamo chiamato il mare in piazza”. Suggeriamo al Sindaco di approfittare dell’incontro a tre per formulare una proposta: il Comune si riprenda il ponte, l’Autorità Portuale bonifichi le acque e la Capitaneria dica una volta per tutte cosa ci vuole per far tornare il mare in piazza! Se il Sindaco ne ha una migliore, ci faccia sapere. L’importante è che, anche in questo caso, non faccia rimanere tutto immobile… come il ponte!

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