BIMBI E BOMBE (PRIMA PARTE)

Tutti assolti.

Non sta avendo ancora un gran rimbalzo da noi quella che è sicuramente una buona notizia per CMC: una sentenza di assoluzione nel processo che vedeva imputati avanti il Tribunale di Trani suoi dirigenti e la stessa società. L’indagine era partita dieci anni fa e vedeva coinvolte 5 società e 42 imputati (tra cui l’ex Presidente di CMC Matteucci nel frattempo deceduto) per le accuse, contestate a vario titolo, di associazione per delinquere, falso, abuso d’ufficio, rifiuto di atti d’ufficio, truffa, frode in pubbliche forniture, violazioni ambientali e paesaggistiche e della disciplina speciale per la bonifica da ordigni bellici, attentato alla sicurezza dei trasporti marittimi. Il tutto relativo al porto di Molfetta e all’appalto vinto da CMC nel 2007, progressivamente lievitato in valore (da 72 a 147 milioni di euro) in attuazione del progetto per l’ampliamento dello scalo portuale pugliese mai completato a causa della massiccia presenza di ordigni bellici. Per quei lavori il comune di Molfetta aveva incassato 83 milioni di euro dirottandone gran parte per “sanare” il bilancio dell’Ente. Le indagini avevano dimostrato che la presenza di ordigni nel fondale, già nota alle parti prima della consegna dei lavori, avrebbe reso impossibile la realizzazione delle opere. Nonostante ciò, la CMC, assieme all’associazione di imprese aggiudicataria dei lavori, aveva percepito anche un indennizzo di 7,8 milioni di euro per il ritardo nell’inizio dell’opera. Tali difficoltà avevano anche comportato il ridimensionamento del progetto, senza che il compenso fosse di conseguenza ridotto. Alcune di quelle bombe, poi, erano state rimosse durante le operazioni di dragaggio e spostate in una “cassa di colmata”, una sorta di discarica abusiva all’interno dell’area di cantiere del porto di Molfetta.

Quest’ultimo passaggio dovrebbe ricordare qualcosa ai ravennati. Evidentemente era una modalità operativa “standard” per CMC visto che nel 2013 per un caso simile ci furono diversi condannati dal Tribunale di Ravenna, tra cui alcuni dirigenti sia della cooperativa che dell’Autorità Portuale di Ravenna. In occasione dell’ultimo dragaggio “vero” del porto di Ravenna (ossia relativo all’estrazione di sabbia dai fondali del canale ed al suo collocamento in cassa di colmata), nel 2010, era stata ritrovata una bomba risalente alla Seconda Guerra Mondiale. L’ordigno, secondo quanto accertato in sede processuale, fu spostato senza avvisare le autorità competenti allo scopo di non rallentare i lavori. Tra i condannati – con pene dai cinque ai dieci mesi – ci fu anche il segretario della locale Autorità portuale, allora come oggi dirigente tecnico, per omessa segnalazione. Si tratta di uno dei tre soggetti recentemente sospesi per il fatto Berkan B, il relitto affondato con sversamento di inquinanti nella Pialassa del Piombone. Cioè in quella stessa Pialassa del Piombone dove nel 2010 era stata spostata fraudolentemente la bomba. Per rimuovere l’ordigno, nel novembre del 2010, fu necessario evacuare quasi 4.000 persone tra Marina di Ravenna e Porto Corsini e si causarono danni economici e sostennero costi che nessuno ha mai risarcito.

Ricordarsene è importante, specie ora che si riparla di riprendere i dragaggi nel porto di Ravenna.

#MassimoManzoli #RavennaInComune #Ravenna #portodiRavenna #portodiMolfetta

____________________________________________________________

“Porto di Molfetta, non ci furono illeciti”: assolti tutti gli imputati

Sorgente: i fatti di Molfetta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.