PORTO: L’INCUBO DEL FALLIMENTO

Non solo i singoli: anche le liste di cittadinanza sognano. Noi, addirittura, abbiamo avuto un incubo. Ci siamo visti davanti un Vicesindaco che parlava con la nostra voce, di più, tirava fuori le nostre stesse parole. Prese pari pari da una nostra interrogazione. E pensare che all’epoca, a cavallo tra aprile e maggio scorsi, il Vicesindaco aveva “allegramente” svicolato dalle risposte. Adesso, ce lo ritroviamo a formulare, lui, le stesse domande: 

  • quando verrà pubblicato il bando per affidare gli escavi?
  • quando, pertanto, inizieranno gli approfondimenti all’interno del porto?
  • chi porta responsabilità per i continui rinvii?

Se il Vicesindaco aveva evitato di dare risposte ferme, ci aveva pensato il Sindaco ad esporsi. Non in Consiglio Comunale: in quella che è la sede preposta a dare risposte politiche, toccherebbe un confronto con l’opposizione, con uguale evidenza mediatica. Meglio parlare alla stampa, come al solito, dove sotto i riflettori ci sta solo una parte. Così il Sindaco, subito prima delle elezioni europee, mostrando lo scalo ad un candidato del suo partito, aveva risposto alla prima domanda individuando, a metà maggio, come termine il mese di luglio. Ancora più ottimista il Presidente dell’Autorità Portuale, forse per far colpo su investitori cinesi, il mese successivo, aveva piantato il chiodo per metà luglio.

Noi, un po’ di scetticismo lo avevamo conservato visti i precedenti: nel maggio 2017, sei mesi dopo la nomina, Rossi aveva fissato la pubblicazione “all’inizio del 2018” e l’avvio dei lavori all’inizio di quest’anno. Solo due mesi dopo, nel luglio 2017, era indicata “tra marzo e aprile 2018”. Scavallato l’anno, nel febbraio 2018, dopo la deliberazione del CIPE, il termine diventava “entro l’estate 2018”. Arrivati ad ottobre 2018, cioè dopo la pubblicazione su Gazzetta Ufficiale della delibera CIPE, la pubblicazione era fatta slittare “tra fine 2018 ed inizio 2019”… Così, piuttosto prevedibilmente, anche luglio è arrivato e se ne è andato senza pubblicazioni di sorta. Costringendo il Vicesindaco a mettere in piedi la scenetta di quello che si lamenta per i ritardi, rivolgendo a non si sa bene chi le domande a cui dovrebbe lui stesso rispondere…

Per “non rispondere” alle domande a lui rivolte nella nostra interrogazione, il Vicesindaco forniva alcuni dati:

  • la delibera con la quale il CIPE ha approvato il progetto definitivo di approfondimento dei fondali del porto di Ravenna “contiene una molteplicità di prescrizioni”;
  • per la realizzazione del progetto occorre a sua volta mettere a punto altri procedimenti, mediante appalti dedicati, ovvero “la verifica tecnica del progetto”, “la caratterizzazione dei fondali”, “il monitoraggio ambientale”, “l’utilizzo dei sedimenti migliori per il ripascimento della costa”;
  • vanno “avviate le procedure di esproprio e di accordo con i proprietari degli immobili coinvolti”;
  • vanno “ottenute le autorizzazioni allo svuotamento della cd. Cassa Nadep, indispensabile per il deposito del materiale di risulta degli escavi” per le quali “la relativa Conferenza dei Servizi si è attivata”.

Sta tutto lì, il problema. Quando il CIPE, ossia la parte del Governo italiano che lo compone, ha approvato il progetto, si era ad un passo dalle elezioni. Al di là delle dichiarazioni di facciata, resta il fatto che l’approvazione di ogni progetto intervenuta nella “lenzuolata” del 28 febbraio 2018, compreso quello ravennate, è stata una mancetta distribuita ai territori intesa a favorire un voto favorevole al PD nelle successive elezioni. A prescindere dalla sua effettiva validità e, soprattutto, completezza. Non per niente, il CIPE ha stabilito precise prescrizioni e raccomandazioni alla cui ottemperanza “resta subordinata l’approvazione del progetto”. Sono “molteplici”, come dichiara il Vicesindaco, poiché con le prescrizioni e raccomandazioni successive si è inteso “coprire” quanto non fornito in sede progettuale: da pagina 18 a 24 della Gazzetta del 12 settembre 2018 costituiscono due allegati alla delibera scritti fitti fitti. E ciò che non è stato dato prima dell’approvazione, deve comunque intervenire dopo, in un contesto in cui, a livello nazionale, è cambiata la maggioranza che sorregge l’Esecutivo: nessun aiuto ci si deve dunque più aspettare a livello ministeriale.

A livello locale, intanto, è arrivata la sentenza sul processo fanghi. Alla sbarra è andata un’unica amministrazione, l’Autorità Portuale, poi condannata, ma nel corso del processo sono emerse tutte le mancanze delle altre amministrazioni: dalla mancata vigilanza da parte di ARPA, alle mancate richieste di cauzioni da parte della Provincia, ecc. Senza più “santi in Paradiso” non c’è più nessuna amministrazione che oggi è disposta a fare sconti: nessuna pressione “dall’alto” convince più a interpretazioni di favore. Nessuno è disposto a rischiare di dover giustificare domani in sede processuale quanto non si è preteso oggi. Soprattutto considerando che per realizzare il progetto bisogna tirar fuori dalle casse di colmata quei fanghi che hanno visto condannare un Presidente dell’Autorità Portuale!

Quel che non c’era nel progetto definitivo, a livello di documentazione, studi, analisi, monitoraggi, ecc., lo si deve tirar fuori ora. Accertare quanto tempo ci vorrà e perché non si è fatto prima, durante tutto il tempo riempito a forza di chiacchiere sullo “stiamo per pubblicare” e “ecco, ci siamo”, serve a rispondere alle nostre domande, fatte proprie dal Vicesindaco. E a capire la differenza che passa tra il sogno di una ripresa del porto e l’incubo di un suo fallimento!

#MassimoManzoli #RavennaInComune #ravenna #porto


allegati

 


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