La Carta dei Diritti di Internet: in cerca di un equilibrio tra Assange e Google

La Carta dei Diritti di Internet che presentiamo oggi alla Camera dei deputati costituisce anzitutto una sfida. Una sfida alle spinte contrapposte che animano la discussione intorno al Web e alle sue potenzialità, in particolare sul tema della regolarizzazione.

Il lavoro della Commissione presieduta da Stefano Rodotà e fortemente sostenuta da Laura Boldrini si è basato sul metodo del “consensus” tra un gruppo di persone dalle diverse sensibilità politiche e culturali, e l’esito consiste in una cornice ricca e sintetica di diritti fondamentali: all’accesso, all’oblio, alla conoscenza condivisa, all’autodeterminazione informativa, all’inviolabilità dei sistemi e dei dispositivi informatici, a un rapporto corretto e trasparente tra le persone e piattaforme quali i social network, per citare alcuni dei 14 punti che compongono la Carta.

In un Paese che, secondo una recente indagine di Demopolis, vede ancora 15 milioni di persone totalmente escluse dal Web, appare particolarmente degno di nota l’articolo 2 che definisce l’accesso ad Internet come “diritto fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale” e che impegna anche le Istituzioni pubbliche a garantire “i necessari interventi per il superamento di ogni forma di divario digitale tra cui quelli determinati dal genere, dalle condizioni economiche oltre che da situazioni di vulnerabilità personale e disabilità”.

Due problematiche particolarmente avvertite sono state l’esigenza di cominciare ad intaccare lo strapotere delle corporations nonché di garantire un uso consapevole del Web, anche attraverso gli strumenti messi a disposizione dal sistema d’istruzione.

Sullo strapotere delle corporations appare pregnante l’articolo sul “Governo della Rete” che si prefigge l’obiettivo di rendere il Web uno spazio effettivamente aperto e democratico anche al fine di “evitare che la sua disciplina dipenda dal potere esercitato da soggetti dotati di maggiore forza economica”, e che prevede come qualsiasi innovazione normativa proposta in futuro dal Legislatore debba conformarsi al rispetto dei princìpi, molto avanzati, contenuti nella Carta.

Un altro segnale viene dall’indicazione che non possa essere il “trattamento automatizzato dei dati personali” a fungere da base esclusiva per qualsiasi “atto, provvedimento giudiziario o amministrativo” destinato a incidere significativamente sulla vita delle persone; si pensi, al proposito, all’utilizzo spregiudicato che fanno dei nostri dati colossi quali Google e Facebook.

La vera novità della stesura definitiva della Carta consiste nell’avere affrontato, a mio parere in maniera equilibrata, l’annoso dilemma del rapporto tra diritto alla conoscenza e diritto d’autore, lì dove si sancisce la priorità, tramite un chiaro principio di gerarchia interna, della “conoscenza in rete intesa come bene accessibile e fruibile da parte di ogni soggetto”, dunque un diritto alla conoscenza come interesse supremo e in quanto tale tutelato dalle istituzioni pubbliche, rispetto alla dovuta presa in considerazione degli “interessi morali e materiali legati alla produzione di conoscenze”.

Da sottolineare, ancora, è il metodo di lavoro adoperato; intorno alla Carta è stato infatti attivato un notevole processo di inclusione: sono stati coinvolti gli stakeholder, cioè i portatori di interesse (enti, istituzioni, imprese, associazioni e cittadini), in quella che è stata una intensa fase di partecipazione che ha visto espresse circa 600 opinioni critiche e informate sulla Carta nonché registrati circa 15mila accessi alla piattaforma di consultazione.

Ciò detto, occorre senza dubbio rilanciare certi temi affinché acquistino consistenza normativa e influenzino in maniera permanente e non episodica il dibattito.

Quel che ci auguriamo è di intercettare un interesso vivo della politica e del grande pubblico giacché, come ha sostenuto di recente Arturo di Corinto, gli argomenti trattati dalla Carta sono stati costantemente al centro dell’attenzione dei media nel corso degli ultimi tempi oltre a riguardare direttamente la vita quotidiana della stragrande maggioranza della popolazione italiana.

Questo nesso stringente tra la nostra elaborazione intellettuale e la realtà dei fatti va però messo a fuoco meglio; come pure va denunciato il ritardo ideologico della sinistra nel comprendere le trasformazioni determinate dalle rivoluzioni della comunicazione e dell’informazione, un ritardo che anche a partire dalla Carta stiamo cominciando a colmare.

Bisogna che un lavoro ambizioso e necessario del genere diventi una vera e propria bussola per il Parlamento e per il Governo.

Sarebbe il caso infine che ci si occupasse di un problema che va al di là della Carta e che investe in pieno lo spazio della Rete, ovvero il diritto alla distinzione tra l’informazione di qualità e l’informazione spazzatura che sempre più inquina la democrazia, e non stancarsi di sottolineare come l’educazione e l’alfabetizzazione (digitali e non) potrebbero ritagliarsi un ruolo decisivo.

membro Commissione Internet per una Carta dei Diritti

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.